FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
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FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Promemoria primo messaggio :
Allora per tutti quelli che sono deboli di cuore oppure non sopportano le creepypasta, non andate a vedere il personaggio principale di questa FF
Ho dei gusti un po' particolari xD
Prima di postare il primo capitolo vorrei un paio di postille. Jeff the killer ha 13 anni nel suo creepypasta. Nella mia storia ne ha più di 20 e diciamo che.. l'ho umanizzato un po'.
Inoltre in questa storia saranno presenti anche parolacce volgari... xD
Detto questo: VIA CON LE CRITICHE RAGAZZI!
Era una fresca giornata d'inverno, c'era un sole mite e una brezza leggera che scompigliava poco i capelli castani di Rory che si avviava per prendere l'autobus dietro l'angolo che la portava fino alla sua scuola. Sentiva una strana sensazione, come se qualcuno la stesse osservando, ma non ci fece caso. Si mise le cuffie di un verde fosforescente alle orecchie e mise una canzone movimentata per svegliarsi e per non pensare. Rory, quando non voleva pensare si rifugiava nel suo mondo di musica oppure ripeteva le tecniche di arti marziali. Appena scesa dall'autobus si fermò all'entrata della scuola insieme alla sua migliore amica Valery ed improvvisamente notò che quella sensazione strana sparì il che interperò questo segno come un vero fatto passeggero. Salutò Valery con un grande sorriso, la quale contraccambiò con un forte abbraccio ed entrarono a scuola. Quella giornata, dopo scuola, Rory sarebbe dovuta andare a trovare il suo ragazzo con cui aveva passato due anni insieme, perché non si sentivano da tempo e allora voleva fargli una sorpresa. Rory aveva molto paura che il rapporto si fosse raffreddato. Cercò di concentrarsi del tutto sullo studio, siccome era in terza superiore.
Nel frattempo della lezione di algebra, la ragazza si portò una ciocca dei suoi lunghi capelli castani dietro l'orecchio e si mise a fissare fuori dalla finestra, vedendo il cielo ingrigirsi improvvisamente. Eppure stamani sembrava fosse una bella giornata, pensò Rory un po' adirata, ho persino dimenticato il mio ombrello, accidenti!
Uscita fuori aspettò Valery fuori scuola siccome erano in classi diverse, e stranamente percepì di nuovo la stessa sensazione di prima. Non riuscì a spiegarsi questa stranezza, così per distrarsi provò a chiamare il suo ragazzo. Ma rispondeva la segreteria. Stava per buttarsi in preda allo sconforto. Era un po' di tempo che il suo ragazzo la stava trattando senza riguardo, quasi come se la volesse evitare. Quando lo chiamava o non rispondeva oppure, se rispondeva, la liquidava dicendo che aveva del lavoro da sbrigare dopo che erano rimasti a telefono per qualche minuto. Si mise a piovere piano ma fortunatamente subito arrivò Valery che aprì l'ombrello sopra le loro teste.
«Sapevo ti saresti dimenticata, su andiamo!»
Disse sforgiando un bel sorriso e Rory rise, un po' dispiaciuta per la sua sbadataggine.
«Eh beh... che ci vuoi fare...» Le disse, guardando la strada.
Quel sentimento crebbe in lei, la sensazione di essere seguita, al che si girò per guardarsi attorno. Vide i passanti camminare per i marciapiedi, e le macchine andare per le strade; tutto sembrava normale, ma... Tutto ad un tratto si fissò su una figura immobile su una motocicletta nera, in impermeabile anch'esso scuro, che fissava un punto in lontanaza verso Rory. Quell'uomo doveva avere più o meno vent'anni. La ragazza pensò che non poteva trattarsi di lei perché non aveva mai visto quell'uomo prima d'ora così fece una smorfia, inarcò un sopracciglio e se ne andò via sbuffando. Infondo sarebbe dovuta andare dal suo ragazzo, quel pomeriggio.
Arrivata a casa Valery e Rory si separarono e quest'ultima entrò a casa correndo per non arrivarci troppo bagnata dalla pioggia. Salutò i suoi genitori, mangiò in fretta e furia, divorando quello che aveva preparato sua madre. In televisione mandarono ancora in onda le notizie sconcertanti di un Killer che aveva già ucciso diverse persone in zona, ma liquidò quella notizia, siccome aveva troppe cose a cui pensare, e si ficcò in camera a fare gli assegni impossibili di algebra. Era una vera schiappa in matematica.
Rory si preparò dopo un po' e scese dicendo scherzosamente ai suoi genitori che doveva affrontare una "Mission Impossible" e si diresse verso la casa del suo ragazzo di corsa. Aveva troppa voglia di vederlo. Arrivata a destinazione trovò il padre nella sua officina a lavorare, come al solito. Alla vista di Rory sembrò un po' allarmato, al che la ragazza non seppe spiegarsi questa stranezza.
«Finalmente Rory, sei arrivata...» Disse avvicinandosi a lei quasi stesse correndo. «Buon giorno Flavio, Giorgio è di sopra?»
Il signore annuì ma prima che potesse protestare del fatto che stava già correndo per le scale, Rory era già arrivata fuori la porta. Girò lentamente il chiavistello per non farsi sentire. Quando aprì avvertì uno strano odore e dei lamenti. Sconcertata la ragazza che aveva immaginato già cosa stava per accadere si precipitò per accettarsi che quello che aveva fantasticato era soltanto frutto della sua immaginazione... ma purtroppo non fu così.
Il suo ragazzo stava con un'altra ragazza, nel suo letto, abbracciati e lui era sopra di lei. Si baciavano con passione.
«Che stai facendo?» mormorò Rory recuperando tutte le sue energie e il suo coraggio rimaste in corpo. Il ragazzo e la ragazza rimasero paralizzati alla figura, con i capelli spettinati per la corsa, e le scarpe e i lembi del jeans sporchi per le pozzachere di acqua piovana.
«R-Rory... noi...»
«Beh... so bene quello che state facendo.» Disse mostrando la parte più gelida di se, quando in verità voleva solo piangere e fuggire. «Beh, se non mi ami più, potevi anche farmi una chiamata, non ti pare?»
«Aspetta Ro...»
«Non abbiamo più niente da dirci.»
Detto questo si avviò per le scale, facendo la parte dell'impettita. Salutò il padre di Giorgio velocemente e se ne andò correndo per le strade ancora una volta.
Corse più che poté, dopo di che rallentò il passo per piangere. Piangere silenziosamente.
Arrivata a casa si chiuse in camera sua senza neanche dire niente ai suoi genitori e se ne stette lì. Sola.
Allora per tutti quelli che sono deboli di cuore oppure non sopportano le creepypasta, non andate a vedere il personaggio principale di questa FF
- Spoiler:
- Kris... tu ne sai qualcosa xD
Ho dei gusti un po' particolari xD
Prima di postare il primo capitolo vorrei un paio di postille. Jeff the killer ha 13 anni nel suo creepypasta. Nella mia storia ne ha più di 20 e diciamo che.. l'ho umanizzato un po'.
Inoltre in questa storia saranno presenti anche parolacce volgari... xD
Detto questo: VIA CON LE CRITICHE RAGAZZI!
Primo capitolo.
Era una fresca giornata d'inverno, c'era un sole mite e una brezza leggera che scompigliava poco i capelli castani di Rory che si avviava per prendere l'autobus dietro l'angolo che la portava fino alla sua scuola. Sentiva una strana sensazione, come se qualcuno la stesse osservando, ma non ci fece caso. Si mise le cuffie di un verde fosforescente alle orecchie e mise una canzone movimentata per svegliarsi e per non pensare. Rory, quando non voleva pensare si rifugiava nel suo mondo di musica oppure ripeteva le tecniche di arti marziali. Appena scesa dall'autobus si fermò all'entrata della scuola insieme alla sua migliore amica Valery ed improvvisamente notò che quella sensazione strana sparì il che interperò questo segno come un vero fatto passeggero. Salutò Valery con un grande sorriso, la quale contraccambiò con un forte abbraccio ed entrarono a scuola. Quella giornata, dopo scuola, Rory sarebbe dovuta andare a trovare il suo ragazzo con cui aveva passato due anni insieme, perché non si sentivano da tempo e allora voleva fargli una sorpresa. Rory aveva molto paura che il rapporto si fosse raffreddato. Cercò di concentrarsi del tutto sullo studio, siccome era in terza superiore.
Nel frattempo della lezione di algebra, la ragazza si portò una ciocca dei suoi lunghi capelli castani dietro l'orecchio e si mise a fissare fuori dalla finestra, vedendo il cielo ingrigirsi improvvisamente. Eppure stamani sembrava fosse una bella giornata, pensò Rory un po' adirata, ho persino dimenticato il mio ombrello, accidenti!
Uscita fuori aspettò Valery fuori scuola siccome erano in classi diverse, e stranamente percepì di nuovo la stessa sensazione di prima. Non riuscì a spiegarsi questa stranezza, così per distrarsi provò a chiamare il suo ragazzo. Ma rispondeva la segreteria. Stava per buttarsi in preda allo sconforto. Era un po' di tempo che il suo ragazzo la stava trattando senza riguardo, quasi come se la volesse evitare. Quando lo chiamava o non rispondeva oppure, se rispondeva, la liquidava dicendo che aveva del lavoro da sbrigare dopo che erano rimasti a telefono per qualche minuto. Si mise a piovere piano ma fortunatamente subito arrivò Valery che aprì l'ombrello sopra le loro teste.
«Sapevo ti saresti dimenticata, su andiamo!»
Disse sforgiando un bel sorriso e Rory rise, un po' dispiaciuta per la sua sbadataggine.
«Eh beh... che ci vuoi fare...» Le disse, guardando la strada.
Quel sentimento crebbe in lei, la sensazione di essere seguita, al che si girò per guardarsi attorno. Vide i passanti camminare per i marciapiedi, e le macchine andare per le strade; tutto sembrava normale, ma... Tutto ad un tratto si fissò su una figura immobile su una motocicletta nera, in impermeabile anch'esso scuro, che fissava un punto in lontanaza verso Rory. Quell'uomo doveva avere più o meno vent'anni. La ragazza pensò che non poteva trattarsi di lei perché non aveva mai visto quell'uomo prima d'ora così fece una smorfia, inarcò un sopracciglio e se ne andò via sbuffando. Infondo sarebbe dovuta andare dal suo ragazzo, quel pomeriggio.
Arrivata a casa Valery e Rory si separarono e quest'ultima entrò a casa correndo per non arrivarci troppo bagnata dalla pioggia. Salutò i suoi genitori, mangiò in fretta e furia, divorando quello che aveva preparato sua madre. In televisione mandarono ancora in onda le notizie sconcertanti di un Killer che aveva già ucciso diverse persone in zona, ma liquidò quella notizia, siccome aveva troppe cose a cui pensare, e si ficcò in camera a fare gli assegni impossibili di algebra. Era una vera schiappa in matematica.
Rory si preparò dopo un po' e scese dicendo scherzosamente ai suoi genitori che doveva affrontare una "Mission Impossible" e si diresse verso la casa del suo ragazzo di corsa. Aveva troppa voglia di vederlo. Arrivata a destinazione trovò il padre nella sua officina a lavorare, come al solito. Alla vista di Rory sembrò un po' allarmato, al che la ragazza non seppe spiegarsi questa stranezza.
«Finalmente Rory, sei arrivata...» Disse avvicinandosi a lei quasi stesse correndo. «Buon giorno Flavio, Giorgio è di sopra?»
Il signore annuì ma prima che potesse protestare del fatto che stava già correndo per le scale, Rory era già arrivata fuori la porta. Girò lentamente il chiavistello per non farsi sentire. Quando aprì avvertì uno strano odore e dei lamenti. Sconcertata la ragazza che aveva immaginato già cosa stava per accadere si precipitò per accettarsi che quello che aveva fantasticato era soltanto frutto della sua immaginazione... ma purtroppo non fu così.
Il suo ragazzo stava con un'altra ragazza, nel suo letto, abbracciati e lui era sopra di lei. Si baciavano con passione.
«Che stai facendo?» mormorò Rory recuperando tutte le sue energie e il suo coraggio rimaste in corpo. Il ragazzo e la ragazza rimasero paralizzati alla figura, con i capelli spettinati per la corsa, e le scarpe e i lembi del jeans sporchi per le pozzachere di acqua piovana.
«R-Rory... noi...»
«Beh... so bene quello che state facendo.» Disse mostrando la parte più gelida di se, quando in verità voleva solo piangere e fuggire. «Beh, se non mi ami più, potevi anche farmi una chiamata, non ti pare?»
«Aspetta Ro...»
«Non abbiamo più niente da dirci.»
Detto questo si avviò per le scale, facendo la parte dell'impettita. Salutò il padre di Giorgio velocemente e se ne andò correndo per le strade ancora una volta.
Corse più che poté, dopo di che rallentò il passo per piangere. Piangere silenziosamente.
Arrivata a casa si chiuse in camera sua senza neanche dire niente ai suoi genitori e se ne stette lì. Sola.
Ultima modifica di RORYJACKSON il Ven Ott 19, 2012 6:37 pm - modificato 3 volte.
RORYJACKSON- INVINCIBLE
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Oddio, Ale, io la porterò alla Love tra loro... ma solo quando si conosceranno meglio, quando supereranno diverse peripezie insieme e si accorgeranno di amarsi. Non mi piace l'azzeccamento dall'inizio. Non sono il tipo di sentimentalismi xD Cioè è vero che quando scrivo sono una noia mortale e di una sdolcinatezza impressionante... Pero', diciamo che sarà un po' così spero mi seguirai, anche se non è niente di che.. non come la vostra storia che parla di agenti segreti, oppure The Gold Eye Bella!2 Bad ha scritto:Di nulla Beh, già leggendo questo terzo capitolo ho pensato che si sarebbe arrivati ad una love story tra i due, tuttavia se non vuoi che arrivi la love story, o che comunque non arrivi subito, hai molte possibilità narrative per portare la storia a qualunque direzione, dato che è ancora all'inizio
RORYJACKSON- INVINCIBLE
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Capisco, d'altronde una love story è quasi d'obbligo in un racconto Sì si vede che non sei tipo da sentimentalismi, e lo si nota dal carattere forte che Rory mostra nel terzo capitolo E non sei noiosa, l'ultimo capitolo l'ho letto in due minuti, segno che scrorre velocemente e quindi non è noioso Certo che ti seguirò Grazie per The Gold Eye, non speravo in cotanto successo *si atteggia a scittore professionista ad una conferenza stampa*
2 Bad- Greatest Entertainer of All Time
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Grazie Ale *-*
Aspetto Kris. Siete gli unici che leggono la mia storia d'altronde... xD
Aspetto Kris. Siete gli unici che leggono la mia storia d'altronde... xD
RORYJACKSON- INVINCIBLE
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2 Bad- Greatest Entertainer of All Time
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Ecco a voi my dear
La mattina seguente Rory si svegliò in malo modo, colpita dai raggi del sorgere del sole che le bruciava gli occhi. Si grattò il capo, si alzò dal letto e decise di prepararsi per andare a scuola. Non poteva rimanere a casa per l'eternità, doveva reagire. Si lavò con calma, scelse i vestiti da mettere e indossò un jeans chiaro con un maglione largo di lana color tegola. Fece uno squillo a Valery e le disse con mezzo entusiasmo che quel giorno l'avrebbe raggiunta a scuola, al che l'amica rimase meravigliata ma anche contenta. Era una settimana che Rory non andava a scuola. Si chiese come mai quella mattina avesse cambiato umore così all'improvviso...
Rory prese lo zaino e l'MP3 con le cuffie. Nel frattempo che si avviava per andare a scuola ascoltò un po' di buona musica, mentre aspettava il bus.
Arrivata al suo istituto alberghiero, di cui faceva già il terzo anno e aveva scelto il settore di sala, salutò Valery con un forte abbraccio. Per un certo senso le mancava la puzza di smoog delle macchine, il chiasso dei ragazzi che aspettavano la campanella che suonasse... Era tutto così normale. Non come gli eventi della notte precedente. Al che Rory si chiese se avesse in verità sognato.
«Mi sei mancata tanto Ro!» Disse contenta Valery con un raggiante sorriso.
«Anche tu Vale.» Disse ricambiandola con lo stesso gesto. Salirono insieme le scale e parlarono del più e del meno: di ciò che i professori avevano spiegato a lei, il che doveva essere più o meno la stessa cosa, anche se erano in classi diverse, facevano entrambe lo stesso percorso di studi. Rory avrebbe dovuto faticare molto per mettersi in pari e non c'era tempo da perdere.
Non si capacitava del perché quella mattina fosse tanto attiva. Eppure il giorno precedente, era nel suo letto a piagnucolare disperatamente per quel deficiente del suo ex-fidanzato!
I compagni appena la videro le chiesero subito come stava, e come mai aveva fatto tante assenze. Erano molto preoccupati per lei. La ragazza rispose loro che non dovevano preoccuparsi, e che aveva avuto solo per problemi personali... Detto questo si sedette e cominciò a seguire la lezione insieme a tutti gli altri.
Non riusciva a non pensare agli avventimenti successi negli ultimi giorni: il suo ragazzo l'aveva bidonata, poi era stata aggredità da un pericoloso killer che l'ha lasciata vivere, non si sa per quale motivo. Pensò molto a Jeff e alle parole che gli aveva detto. Per chissà quale ragione, le dispiaceva avergli detto tali cattiverie. Infondo, non dev'essere stata facile la vita di quel ragazzo, vedendolo com'era conciato. Invece di farle rabbia o paura, le dispiaceva e non riusciva a spiegarsi questa stranezza.
Il professore le chiese se avesse voluto partecipare ai provini per un concorso amatoriale di canto, chiamato EmozionArt, che si teneva una volta all'anno, lanciato dall'associazione "Giovani del Sud", visto che Rory aveva una bella presenza scenica. Gli disse che voleva pensarci, anche perché se prendeva un impegno, non solo voleva mantenerlo ma doveva anche far sbalordire la giuria, quindi doveva pensare a quale canzone avrebbe dovuto presentare.
Quella giornata fu una noia mortale. Tornata a casa Rory rimase sola perché Valery si era organizzata con le sue amiche di classe in un'uscita di sole donne, e Rory non voleva intromettersi; quindi prese il diario controllò gli assegni e cominciò a svolgere i compiti assegnati. Quella giornata passò così, tranquilla e noiosa. In verità tutto poteva sembrare noioso quando la notte prima ti ritrovi un ragazzo in camera nel cuore della notte.
Si mise a disegnare. Era da tempo che non lo faceva, e quella sera aveva avuto un colpo d'ispirzione. Disegnò il volto di Charlie Chaplin, uno dei suoi personaggi preferiti e lo finì pure, siccome aveva avuto il tempo di tutta la serata. Cenò - la sua abbinazione preferita: cotoletta e patatine con Ketchup - con i suoi che le chiesero come fosse andata la giornata a scuola, se fosse andata bene, e lei annuì semplicemente, divorando la sua razione di patatine. Dopo essere stati in stato di depressione tutto quel tempo, una ragazza aveva bisogno di sfogarsi, ogni tanto!
Tornata in camera appese al muro anche Charlie finito, e ammirò la parete stracolma di disegni. Quasi non si riusciva a vedere più nemmeno un millimetro di muro!
Quella sera andò a dormire serenamente...
Erano le due di notte. Jeff guardò prima a destra poi a sinistra, per vedere se ci fosse qualcuno che lo potesse avvistaro, e fortunatamente non c'era nessuno. Era arrivato fuori la finestra della vittima che più di tutti aveva desiderato uccidere, ma per qualche strano scherzo del destino non lo fece. Quindi aprì di nuovo la finestra della ragazza. Era ormai diventato un maestro in quel genere di cose. Sentiva una strana sensazione, come fosse attratto dall'andare a trovarla di nuovo. Era lì che dormiva beatamente: il viso sereno, gli occhi verdi coperti dalle palpebre, il leggero russare della ragazza, il cui suono era tanto basso che sembrava un ronzio, i capelli scompigliati e sparsi sul cuscino come filamenti di seta... Tutt'ad un tratto si accorse che le piaceva quella visione di lei. La fissò per diverso tempo, senza stancarsi di guardarla. Avanzò verso di lei per sentire più da vicino il ritmo regolare del suo respiro. Improvvisamente vide la sua espressione cambiare; da serena era passata a tormentata. Aveva corrucciato le sopracciglia, le tremavano le labbra. Stava avendo un incubo, senza dubbio. Jeff rimase a fissarla ammaliato. Rory si mosse e tese una mano, quasi volesse tenderla verso il ragazzo e la trascinò sul bordo del cuscino, il palmo all'insu. Jeff istintivamente, spinto da chissà quali forze altamente irrazionali con la sua mano, si fece spazio tra le dita sottili di lei e percepì che quelle mani tremendamente piccole erano anche estremamente calde, in confronto alle sue che erano gelide e grandi. Era una bella sensazione, che fino ad allora non era mai riuscito a provare con nessuno.
«Perché...?» Mormorò Rory nel sonno, tormentata dai ricordi. Aveva passato due anni con lui e una settimana di certo non bastava per farle dimenticare il tempo trascorso insieme a quel ragazzo. Jeff la guardò ancora. Nessuna voglia di uccidere, solo un tremendo desiderio di vederla. Si chiese cosa stesse sognando. «...Mi hai tradito in questo modo?» Mormorò ancora la ragazza in preda allo sconforto. Jeff subito capì di chi stava parlando, se lo ricordò grazie alla discussione della sera precedente: il suo ex ragazzo. Improvvisamente sentì una fitta al cuore. Non dev'essere stato facile per lei, pensò, soffre di notte quando nessuno la può guardare. Si sbalordì nel vederle cadere una lacrima dagli occhi. Jeff abbassò leggermente il capo, infondo capiva anche lui cosa significava soffrire, da soli...
«Jeff...» Aveva pronunciato il suo nome e il ragazzò subito le rivolse la sua attenzione. Rory nel sonno si dimenava, e stringeva piano la mano di Jeff nella sua. «Non...» Continuò lei tra uno tormento e l'altro. Jeff pensava che magari lo stesse sognando mentre la stava per uccidere come la notte scorsa, mentre era troppo spinto dalla sua sete di sangue. D'altronde ha ragione, pensò, io non posso essere altro per lei e per tutti... Io sono quel che sono, e quel che sono è solo un Killer sanguinario. Quindi lei non poteva vedere altro in me. Si alzò di scatto e si allontanò. Stava quasi per scavalcare di nuovo la finestra quando non fu colpito di nuovo da una frase pronunciata da Rory.
«Non andare via... Jeff.» Disse, e quando il ragazzo si girò vide che lei era sveglia, gli occhi assonnati. Jeff aveva indosso i suoi soliti vestiti: felpone bianco e pantalone di seta nero. “Non andare via Jeff.” Quelle parole gli incominciarono a ronzare nella mente, incapace di comprendere il sentimento di quella ragazza. Davvero gli stava chiedendo di rimanere, quando il giorno prima era andato lì per ucciderla?
«Devi continuare a fare quello che hai lasciato in sospeso ieri?» Mormorò lei, del tutto sveglia, indicando la stessa lama che aveva lui la scorsa notte. Lui la guardò sbigottito, siccome non sapeva più cosa pensare. In realtà non era andato la per ucciderla... ma allora, perché?
«In verità... è abitudine.»
Rory scostò le coperte e si sedette sul bordo del letto. Aveva ancora i ricordi di quelle immagini che le comparivano in sogno, poi una strana sensazione lasciatale sulla mano destra. Aveva l'impressione che nel sonno stesse impugnando qualcosa... Era qualcosa di freddo. Si rasserenò del fatto che quella sera Jeff non fosse lì per ucciderla.
«Jeff... da quanto tempo sei qui?» Chiese lei incuriosita.
«Ehm... non lo so di preciso... più o meno sono qui da un'ora... forse di meno.» Disse titubante. Perché si sentiva così smarrito in quel momento? Perché con lei?
«Potevi svegliarmi...» Disse ammiccando un sorriso e invitò Jeff a sedersi accanto a lei.
«Non sono abituato a svegliare le mie vittim...»
«Ma io non sono una tua vittima!» Ribattè lei.
«Okay, adesso non lo sei. Pero' avevi un incubo e stavi persino parlando nel sonno...» Disse maledicendosi all'istante per il solo fatto di averglielo detto. Rory spalancò gli occhi, il viso paonazzo per la vergogna.
«Oddio! Che cosa ho detto?» Chiese lei in preda al panico. Oddio che vergogna! E se avessi detto qualcosa di sconcio? Pensò lei, portandosi una mano alla bocca. Jeff le raccontò quello che era successo, omettendo il fatto che lui si era avvicinato a lei e aveva posato la mano sulla sua, e Rory lo ascoltò attentamente, rasserenata dal sapere che non aveva detto niente di sconvolgente.
«Tu soffri sempre da sola, in camera tua così che nessuno possa vederti. Poi quando sei fuori con quella tua amica tiri una te molto... Raggiante, quasi come se non avessi più nessuna preoccupazione.»
Lei ascoltando quell'affermazione il sorriso dall'insu si capovolse e fissava nel vuoto con fare distratto. Sospirò, si portò le gambe al petto e le avvolse tra le braccia, quasi avesse freddo. Incominciò a raccontargli quello che le era successo insieme al suo ragazzo, infischiandosene del fatto che gli interessava o meno sapere i dettagli della sua storia. Aveva solo bisogno di raccontare a qualcuno la verità. Strano che il destino avesse voluto che lei si confidasse proprio con un killer.
«Sai... io e lui avevamo davvero un bellissimo rapporto. Lui mi sosteneva quando c'erano degli inconvenienti, quando i miei litigavano troppo e se la prendevano persino con me solo perché avevano la luna storta...» Incominciò a raccontare, con un mezzo sorrisetto, il più credibile che potesse fare in quel momento, ricordandosi delle cose passate insieme al suo ex. «Stavamo da due anni insieme. Pensavo che non ci saremmo mai lasciati. Pensavo che ci saremmo sposati, avremmo vissuto insieme, che avremmo fatto determinate scelte insieme... Insomma, come una normale coppia!
«Poi però tutt'ad un tratto le cose si capovolsero. Non mi chiamava più, non rispondeva, e se rispondeva liquidava la conversazione dicendo che aveva qualcosa da fare. Adesso ho capito cosa doveva fare...» Disse, cercando con tutte le sue forze di non piangere, di non sembrare ancora più patetica di quanto già lo fosse. Ma una lacrima scivolò sul suo viso e lei l'asciugò velocemente passandosi le dita poco sotto le ciglia. «Era tutto uguale, Jeff, tutto. Erano lo stesso letto, le stesse coperte, era lui... Le sue stesse mani. Era il suo stesso profumo... Perché?»
Jeff non sapendo che cosa fare iptò la condizione più ovvia. In effetti lo straziava vederla in quello stato, così con un gesto non molto delicato, prese la testa di lei e se la portò alla spalla cingendole le spalle e passandole la mano sui capelli. Rory poteva sentire la ancora una volta la morbidezza della felpa, il leggero solletichio dei sottili capelli di Jeff e le venne un ardente desiderio di toccarglieli.
«Gli avevo dato tutto quello che voleva, che poteva volere. Gli ho dato il mio cuore, il mio corpo... la mia anima.» Disse tra un singhiozzo e l'altro. «Evidentemente non ero abbastanza.» Detto questo nascose totalmente la faccia sulla felpa di Jeff respirandone il profumo per attutire il suono dei singhiozzi e dei lamenti. Jeff, spinto da una strana emozione che non riuscì a decifrare, lasciò il coltello sul bordo del letto e l'abbracciò, più forte che poté. Appoggiò il viso sui capelli di lei, credendo che in qualche modo ne avrebbe percepito il profumo, ma non ci riuscì. Rory meravigliata tenne appoggiate le mani sulla felpa di lui, alzò lo sguardo e vide il volto del ragazzo che la stava abbracciando. Non c'era niente di minaccioso in lui, ne quell'aria psicotica che si portava dietro ogni volta che doveva commettere un omicidio. Anzi, vide quanto i suoi occhi le apparvero belli da vicino, scorgendone la lucidità. Jeff aveva davvero un bel colore di occhi, perché quando li vide per la prima volta le sembrarono opachi, ma da vicino brillavano di una luce tutta loro. Persino il sorriso sembrava normale anche se i tagli alle estremità della bocca lasciavano a desiderare.
Si abbandonò all'abbraccio e lo avvolse anche lei tra le sue braccia.
Capitolo IV
La mattina seguente Rory si svegliò in malo modo, colpita dai raggi del sorgere del sole che le bruciava gli occhi. Si grattò il capo, si alzò dal letto e decise di prepararsi per andare a scuola. Non poteva rimanere a casa per l'eternità, doveva reagire. Si lavò con calma, scelse i vestiti da mettere e indossò un jeans chiaro con un maglione largo di lana color tegola. Fece uno squillo a Valery e le disse con mezzo entusiasmo che quel giorno l'avrebbe raggiunta a scuola, al che l'amica rimase meravigliata ma anche contenta. Era una settimana che Rory non andava a scuola. Si chiese come mai quella mattina avesse cambiato umore così all'improvviso...
Rory prese lo zaino e l'MP3 con le cuffie. Nel frattempo che si avviava per andare a scuola ascoltò un po' di buona musica, mentre aspettava il bus.
Arrivata al suo istituto alberghiero, di cui faceva già il terzo anno e aveva scelto il settore di sala, salutò Valery con un forte abbraccio. Per un certo senso le mancava la puzza di smoog delle macchine, il chiasso dei ragazzi che aspettavano la campanella che suonasse... Era tutto così normale. Non come gli eventi della notte precedente. Al che Rory si chiese se avesse in verità sognato.
«Mi sei mancata tanto Ro!» Disse contenta Valery con un raggiante sorriso.
«Anche tu Vale.» Disse ricambiandola con lo stesso gesto. Salirono insieme le scale e parlarono del più e del meno: di ciò che i professori avevano spiegato a lei, il che doveva essere più o meno la stessa cosa, anche se erano in classi diverse, facevano entrambe lo stesso percorso di studi. Rory avrebbe dovuto faticare molto per mettersi in pari e non c'era tempo da perdere.
Non si capacitava del perché quella mattina fosse tanto attiva. Eppure il giorno precedente, era nel suo letto a piagnucolare disperatamente per quel deficiente del suo ex-fidanzato!
I compagni appena la videro le chiesero subito come stava, e come mai aveva fatto tante assenze. Erano molto preoccupati per lei. La ragazza rispose loro che non dovevano preoccuparsi, e che aveva avuto solo per problemi personali... Detto questo si sedette e cominciò a seguire la lezione insieme a tutti gli altri.
Non riusciva a non pensare agli avventimenti successi negli ultimi giorni: il suo ragazzo l'aveva bidonata, poi era stata aggredità da un pericoloso killer che l'ha lasciata vivere, non si sa per quale motivo. Pensò molto a Jeff e alle parole che gli aveva detto. Per chissà quale ragione, le dispiaceva avergli detto tali cattiverie. Infondo, non dev'essere stata facile la vita di quel ragazzo, vedendolo com'era conciato. Invece di farle rabbia o paura, le dispiaceva e non riusciva a spiegarsi questa stranezza.
Il professore le chiese se avesse voluto partecipare ai provini per un concorso amatoriale di canto, chiamato EmozionArt, che si teneva una volta all'anno, lanciato dall'associazione "Giovani del Sud", visto che Rory aveva una bella presenza scenica. Gli disse che voleva pensarci, anche perché se prendeva un impegno, non solo voleva mantenerlo ma doveva anche far sbalordire la giuria, quindi doveva pensare a quale canzone avrebbe dovuto presentare.
Quella giornata fu una noia mortale. Tornata a casa Rory rimase sola perché Valery si era organizzata con le sue amiche di classe in un'uscita di sole donne, e Rory non voleva intromettersi; quindi prese il diario controllò gli assegni e cominciò a svolgere i compiti assegnati. Quella giornata passò così, tranquilla e noiosa. In verità tutto poteva sembrare noioso quando la notte prima ti ritrovi un ragazzo in camera nel cuore della notte.
Si mise a disegnare. Era da tempo che non lo faceva, e quella sera aveva avuto un colpo d'ispirzione. Disegnò il volto di Charlie Chaplin, uno dei suoi personaggi preferiti e lo finì pure, siccome aveva avuto il tempo di tutta la serata. Cenò - la sua abbinazione preferita: cotoletta e patatine con Ketchup - con i suoi che le chiesero come fosse andata la giornata a scuola, se fosse andata bene, e lei annuì semplicemente, divorando la sua razione di patatine. Dopo essere stati in stato di depressione tutto quel tempo, una ragazza aveva bisogno di sfogarsi, ogni tanto!
Tornata in camera appese al muro anche Charlie finito, e ammirò la parete stracolma di disegni. Quasi non si riusciva a vedere più nemmeno un millimetro di muro!
Quella sera andò a dormire serenamente...
Erano le due di notte. Jeff guardò prima a destra poi a sinistra, per vedere se ci fosse qualcuno che lo potesse avvistaro, e fortunatamente non c'era nessuno. Era arrivato fuori la finestra della vittima che più di tutti aveva desiderato uccidere, ma per qualche strano scherzo del destino non lo fece. Quindi aprì di nuovo la finestra della ragazza. Era ormai diventato un maestro in quel genere di cose. Sentiva una strana sensazione, come fosse attratto dall'andare a trovarla di nuovo. Era lì che dormiva beatamente: il viso sereno, gli occhi verdi coperti dalle palpebre, il leggero russare della ragazza, il cui suono era tanto basso che sembrava un ronzio, i capelli scompigliati e sparsi sul cuscino come filamenti di seta... Tutt'ad un tratto si accorse che le piaceva quella visione di lei. La fissò per diverso tempo, senza stancarsi di guardarla. Avanzò verso di lei per sentire più da vicino il ritmo regolare del suo respiro. Improvvisamente vide la sua espressione cambiare; da serena era passata a tormentata. Aveva corrucciato le sopracciglia, le tremavano le labbra. Stava avendo un incubo, senza dubbio. Jeff rimase a fissarla ammaliato. Rory si mosse e tese una mano, quasi volesse tenderla verso il ragazzo e la trascinò sul bordo del cuscino, il palmo all'insu. Jeff istintivamente, spinto da chissà quali forze altamente irrazionali con la sua mano, si fece spazio tra le dita sottili di lei e percepì che quelle mani tremendamente piccole erano anche estremamente calde, in confronto alle sue che erano gelide e grandi. Era una bella sensazione, che fino ad allora non era mai riuscito a provare con nessuno.
«Perché...?» Mormorò Rory nel sonno, tormentata dai ricordi. Aveva passato due anni con lui e una settimana di certo non bastava per farle dimenticare il tempo trascorso insieme a quel ragazzo. Jeff la guardò ancora. Nessuna voglia di uccidere, solo un tremendo desiderio di vederla. Si chiese cosa stesse sognando. «...Mi hai tradito in questo modo?» Mormorò ancora la ragazza in preda allo sconforto. Jeff subito capì di chi stava parlando, se lo ricordò grazie alla discussione della sera precedente: il suo ex ragazzo. Improvvisamente sentì una fitta al cuore. Non dev'essere stato facile per lei, pensò, soffre di notte quando nessuno la può guardare. Si sbalordì nel vederle cadere una lacrima dagli occhi. Jeff abbassò leggermente il capo, infondo capiva anche lui cosa significava soffrire, da soli...
«Jeff...» Aveva pronunciato il suo nome e il ragazzò subito le rivolse la sua attenzione. Rory nel sonno si dimenava, e stringeva piano la mano di Jeff nella sua. «Non...» Continuò lei tra uno tormento e l'altro. Jeff pensava che magari lo stesse sognando mentre la stava per uccidere come la notte scorsa, mentre era troppo spinto dalla sua sete di sangue. D'altronde ha ragione, pensò, io non posso essere altro per lei e per tutti... Io sono quel che sono, e quel che sono è solo un Killer sanguinario. Quindi lei non poteva vedere altro in me. Si alzò di scatto e si allontanò. Stava quasi per scavalcare di nuovo la finestra quando non fu colpito di nuovo da una frase pronunciata da Rory.
«Non andare via... Jeff.» Disse, e quando il ragazzo si girò vide che lei era sveglia, gli occhi assonnati. Jeff aveva indosso i suoi soliti vestiti: felpone bianco e pantalone di seta nero. “Non andare via Jeff.” Quelle parole gli incominciarono a ronzare nella mente, incapace di comprendere il sentimento di quella ragazza. Davvero gli stava chiedendo di rimanere, quando il giorno prima era andato lì per ucciderla?
«Devi continuare a fare quello che hai lasciato in sospeso ieri?» Mormorò lei, del tutto sveglia, indicando la stessa lama che aveva lui la scorsa notte. Lui la guardò sbigottito, siccome non sapeva più cosa pensare. In realtà non era andato la per ucciderla... ma allora, perché?
«In verità... è abitudine.»
Rory scostò le coperte e si sedette sul bordo del letto. Aveva ancora i ricordi di quelle immagini che le comparivano in sogno, poi una strana sensazione lasciatale sulla mano destra. Aveva l'impressione che nel sonno stesse impugnando qualcosa... Era qualcosa di freddo. Si rasserenò del fatto che quella sera Jeff non fosse lì per ucciderla.
«Jeff... da quanto tempo sei qui?» Chiese lei incuriosita.
«Ehm... non lo so di preciso... più o meno sono qui da un'ora... forse di meno.» Disse titubante. Perché si sentiva così smarrito in quel momento? Perché con lei?
«Potevi svegliarmi...» Disse ammiccando un sorriso e invitò Jeff a sedersi accanto a lei.
«Non sono abituato a svegliare le mie vittim...»
«Ma io non sono una tua vittima!» Ribattè lei.
«Okay, adesso non lo sei. Pero' avevi un incubo e stavi persino parlando nel sonno...» Disse maledicendosi all'istante per il solo fatto di averglielo detto. Rory spalancò gli occhi, il viso paonazzo per la vergogna.
«Oddio! Che cosa ho detto?» Chiese lei in preda al panico. Oddio che vergogna! E se avessi detto qualcosa di sconcio? Pensò lei, portandosi una mano alla bocca. Jeff le raccontò quello che era successo, omettendo il fatto che lui si era avvicinato a lei e aveva posato la mano sulla sua, e Rory lo ascoltò attentamente, rasserenata dal sapere che non aveva detto niente di sconvolgente.
«Tu soffri sempre da sola, in camera tua così che nessuno possa vederti. Poi quando sei fuori con quella tua amica tiri una te molto... Raggiante, quasi come se non avessi più nessuna preoccupazione.»
Lei ascoltando quell'affermazione il sorriso dall'insu si capovolse e fissava nel vuoto con fare distratto. Sospirò, si portò le gambe al petto e le avvolse tra le braccia, quasi avesse freddo. Incominciò a raccontargli quello che le era successo insieme al suo ragazzo, infischiandosene del fatto che gli interessava o meno sapere i dettagli della sua storia. Aveva solo bisogno di raccontare a qualcuno la verità. Strano che il destino avesse voluto che lei si confidasse proprio con un killer.
«Sai... io e lui avevamo davvero un bellissimo rapporto. Lui mi sosteneva quando c'erano degli inconvenienti, quando i miei litigavano troppo e se la prendevano persino con me solo perché avevano la luna storta...» Incominciò a raccontare, con un mezzo sorrisetto, il più credibile che potesse fare in quel momento, ricordandosi delle cose passate insieme al suo ex. «Stavamo da due anni insieme. Pensavo che non ci saremmo mai lasciati. Pensavo che ci saremmo sposati, avremmo vissuto insieme, che avremmo fatto determinate scelte insieme... Insomma, come una normale coppia!
«Poi però tutt'ad un tratto le cose si capovolsero. Non mi chiamava più, non rispondeva, e se rispondeva liquidava la conversazione dicendo che aveva qualcosa da fare. Adesso ho capito cosa doveva fare...» Disse, cercando con tutte le sue forze di non piangere, di non sembrare ancora più patetica di quanto già lo fosse. Ma una lacrima scivolò sul suo viso e lei l'asciugò velocemente passandosi le dita poco sotto le ciglia. «Era tutto uguale, Jeff, tutto. Erano lo stesso letto, le stesse coperte, era lui... Le sue stesse mani. Era il suo stesso profumo... Perché?»
Jeff non sapendo che cosa fare iptò la condizione più ovvia. In effetti lo straziava vederla in quello stato, così con un gesto non molto delicato, prese la testa di lei e se la portò alla spalla cingendole le spalle e passandole la mano sui capelli. Rory poteva sentire la ancora una volta la morbidezza della felpa, il leggero solletichio dei sottili capelli di Jeff e le venne un ardente desiderio di toccarglieli.
«Gli avevo dato tutto quello che voleva, che poteva volere. Gli ho dato il mio cuore, il mio corpo... la mia anima.» Disse tra un singhiozzo e l'altro. «Evidentemente non ero abbastanza.» Detto questo nascose totalmente la faccia sulla felpa di Jeff respirandone il profumo per attutire il suono dei singhiozzi e dei lamenti. Jeff, spinto da una strana emozione che non riuscì a decifrare, lasciò il coltello sul bordo del letto e l'abbracciò, più forte che poté. Appoggiò il viso sui capelli di lei, credendo che in qualche modo ne avrebbe percepito il profumo, ma non ci riuscì. Rory meravigliata tenne appoggiate le mani sulla felpa di lui, alzò lo sguardo e vide il volto del ragazzo che la stava abbracciando. Non c'era niente di minaccioso in lui, ne quell'aria psicotica che si portava dietro ogni volta che doveva commettere un omicidio. Anzi, vide quanto i suoi occhi le apparvero belli da vicino, scorgendone la lucidità. Jeff aveva davvero un bel colore di occhi, perché quando li vide per la prima volta le sembrarono opachi, ma da vicino brillavano di una luce tutta loro. Persino il sorriso sembrava normale anche se i tagli alle estremità della bocca lasciavano a desiderare.
Si abbandonò all'abbraccio e lo avvolse anche lei tra le sue braccia.
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Ottimo capitolo complimenti Però ho letto un "siccome che" che non mi è piaciuto
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Dici? eppure l'avevo controllato mille volte questo capitolo xD Che caspita! Mi fa piacere che comunque il capitolo piace, stavo aspettando da mille anni che qualcuno commentasse xD2 Bad ha scritto:Ottimo capitolo complimenti Però ho letto un "siccome che" che non mi è piaciuto
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
RORYJACKSON ha scritto:Dici? eppure l'avevo controllato mille volte questo capitolo xD Che caspita! Mi fa piacere che comunque il capitolo piace, stavo aspettando da mille anni che qualcuno commentasse xD2 Bad ha scritto:Ottimo capitolo complimenti Però ho letto un "siccome che" che non mi è piaciuto
Sì, c'è subito dopo che parli dell'associazione "Giovani del Sud" Sì mi è piaciuto molto
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Corretto.2 Bad ha scritto:RORYJACKSON ha scritto:Dici? eppure l'avevo controllato mille volte questo capitolo xD Che caspita! Mi fa piacere che comunque il capitolo piace, stavo aspettando da mille anni che qualcuno commentasse xD2 Bad ha scritto:Ottimo capitolo complimenti Però ho letto un "siccome che" che non mi è piaciuto
Sì, c'è subito dopo che parli dell'associazione "Giovani del Sud" Sì mi è piaciuto molto
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Va beh, io continuo... xD
Quella mattina Rory si svegliò piena di energie e, siccome era Venerdì e il Sabato non andava a scuola, decise di andarci siccome aveva saltato molte ore di lezione a causa degli eventi. Si lavò e si vestì come un lampo non facendo neanche caso a quello che si era messa, si caricò lo zaino sulle spalle e uscì. Quella mattina c'era un sole stupendo e neanche una nuvola in cielo. Ripensò agli eventi della notte scorsa e alla visita del suo aggressore, e a come fosse possibile che Jeff l'avesse lasciata vivere. Infondo era un assassino ricercato, anche se non aveva risparmiato mai nessuno e quindi nessuno conosceva il suo identikit, Rory subito capì, dalla prima volta che lo vide, che si trattava del killer. Rory si chiedeva come mai avesse voluto lasciar vivere proprio lei, visto che conosceva bene la sua storia... o almeno quella che avevano scritto sottoforma di CreepyPasta. Si chiese se quella storia corrispondesse alla dura realtà di Jeff, ma dopo tanto pensare, si mise le cuffie alle orecchie e alzò la musica a tutto volume. Aveva bisogno di distrarsi. Mentre camminava ad un certo punto si sentì posare una mano sulla spalla. Chi poteva mai essere? Non Valery, perché di solito si incontravano sempre fuori scuola... Si girò togliendosi una cuffia dalle orecchie e vide un ragazzo con occhiali scuri, una sciarpa portata fin sopra la bocca, e una giacca a vento nera.
«Che c'è, non si riconoscono gli amici?» Chiese una voce familiare. Jeff!
«Oh, Jeff!» Disse ad alta voce non potendo credere ai suoi occhi. Quella mattina Jeff indossava dei jeans scuri e una felpa anche essa scura. Evidentemente la felpa bianca e il pantalone di seta nero li metteva solo nelle sue notti.
«Se ti stai chiedendo come mai mi trovi sempre intorno a casa tua, beh... E' solo perché devo sorvegliarti e vedere che non andrai alla polizia a spifferare tutto, quindi non farti strane idee.»
«In verità Jeff, questo pensiero non mi è passato neanche per l'anticamera del cervello.» Sorrise. A quell'affermazione Jeff rimase di soppiatto.
«Cioè, tu hai conosciuto un killer... E non lo denunci?» Disse, facendo della leggera ironia, e la ragazza rise. Poi a Rory venne in mente la sera prima, all'abbraccio che si erano scambiati e cercò con tutte le sue energie di non arrossire al pensiero. Cominciarono a camminare insieme, verso la fermata del bus che portava fino a scuola di Rory. Si appoggiarono al muretto, uno affianco all'altro.
«Jeff... Scusami.» Mormorò lei dopo qualche tempo di silenzio. Il bus tardava a passare.
«Per cosa?»
«Per l'altra sera... Ti ho detto delle cose veramente cattive.» Sospirò dispiaciuta. Jeff fece una smorfia compiaciuta. Era, anche quella, la prima volta che qualcuno gli chiedeva scusa in quel modo.
«Sei assolta dai tuoi peccati.» Rispose, e Rory rise. «Amen.» Disse lei chinando la testa.
Il ragazzo sospirò. «Quelle parole mi hanno davvero fatto arrabbiare... Pero' mi ha fatto piacere una cosa.»
«Cosa?» chiese Rory curiosa.
«Di solito le persone quando mi vedono non fanno che avere paura di me... persino mia madre da quando il mio viso è cambiato non mi guardava. Anzi, cercava in ogni modo di non guardarmi troppo.» A sentire certe storie, lei si adirò ma non lo fece vedere. Possibile mai che una madre poteva dimenticarsi così di un figlio? «Tu invece, anche se son venuto a casa tua in veste di killer mi hai persino tenuto testa. E mi hai proposto di diventare amici. Sei ufficialmente la prima amica che ho...» Parlava con uno strano entusiamo. Era spento, un entusiasmo tormentato. Beh, chi non sarebbe tormentato dopo quello che ha dovuto subire?
«Quanti anni hai?» Chiese improvvisamente Rory. In realtà avrebbe voluto chiederlo già la sera prima ma purtroppo la nottata aveva preso una strana piega degli eventi. A quella domanda Jeff rimase un po' perplesso.
«Ne ho ventuno, perché?»
Allora era grande per davvero! Pensò Rory aggrottando le sopracciglia. Il bus continuava a tardare. La ragazza guardò l'orologio e decise di aspettare altri due minuti.
«Sono la vittima più giovane che hai avuto, negli ultimi tempi. Io ho sedici anni!» Esclamò dandogli una pacca sulla spalla. Jeff a quel punto non poté credere alle proprie orecchie. No, non era possibile che quella ragazza avesse sedici anni!
«Non prendermi in giro! Non puoi avere sedici anni!» Disse alzando la voce, spostandosi di fronte a lei. Rory rise a crepapelle.
«E invece si. Abbiamo ben cinque anni di differenza, zio Jeff! Quanti anni mi hai dato, eh?»
Jeff le aveva dato diciannove anni, ma non voleva dirglielo. Non voleva sembrare un idiota, rispose soltanto:«Non chiamarmi zio Jeff!» Con fare adirato e divertito allo stesso tempo.
Poi Rory improvvisamente si ricordò che quel giorno era lo sciopero dei mezzi pubblici e che i bus non passavano. Si portò una mano alla fronte. «Sono una scema!» E a quell'affermazione Jeff la guardò stranito, inarcando un sopracciglio.
«Adesso l'hai capito?» disse beffardo, e lei gli diede un leggero schiaffo sulla spalla, facendo la finta offesa.
«Non posso andare a scuola se c'è lo sciopero dei mezzi... che idiota sono!»
«Ti accompagno io dai!» Disse prendendola per il polso e per poi trascinarla velocemente con se. Aveva le mani callose e ruvide, si accorse Rory, e la gentilezza non era il suo punto forte... Si chiese come l'avrebbe mai accompagnata quando vide che dietro l'angolo, sotto il cancello di un palazzo, c'era parcheggiata una motocicletta nera, molto familiare. Era la stessa motocicletta del tizio che la fissava in lontananza.
«Dai monta su!» Disse Jeff che nel frattempo era già salito e aveva acceso il motore. Rory non se lo fece ripetere due volte e saltò su dietro di lui. Tenendosi forte.
Se la fortuna era dalla loro parte e non prendevano traffico, Rory sarebbe potuta entrare altrimenti avrebbero chiuso le porte.
Era strano stare su una moto così grande, non le era mai capitato di starci sopra insieme ad un altro ragazzo. Non che ci sia stata con qualcun'altro, però invece di provare paura Jeff la rassicurava.
Su quella moto faceva un po' freschetto, quindi nascose il viso dietro le spalle di lui. Jeff sembrò non farci caso e continuava a guidare. Le rivenne di nuovo il ricordo della sera prima, e dell'abbraccio che si erano scambiati. Era come se Jeff silenziosamente avesse detto "Ti capisco. Io sono qui." E si sentiva felice, ma anche estremamente imbarazzata. Non diventare rossa, non diventare rossa, non diventare rossa! Si ripeté.
«Ehi, che c'è?» Rispose Jeff guardando un'istante dietro. Si erano fermati perché il semaforo era rosso. Rory non si accorse che lo stava abbracciando forte, quasi stritolando, e sentì una vampata alle guance. Evidentemente il suo viso era diventato paonazzo. Poteva sentire bene i pettorali del ragazzo, e la sua magrezza. «Hai paura della moto?» Chiese, e istantaneamente si domandò come mai si preoccupasse per lei in quel modo. Quando si passa troppo tempo col cuore di pietra dopo ti chiedi se mai veramente ce l'avessi avuto. Ma tutto di lei, tutto, lo faceva diventare umano. Dalla prima volta in cui lei gli sorrise fino in quel momento che si teneva stretta a lui. Lo trattava in modo diverso da come tutti l'avevano trattato: era vera, comprensiva, faceva ridere, poteva prendersi gioco di lei perché anche lei faceva lo stesso... Tutte cose che Jeff non faceva più da molto tempo. Forse avrebbe potuto dirle qualsiasi cosa, senza che lei lo guardasse dall'alto in basso oppure con sconcerto.
Rory fece un mezzo sorriso e corrucciò le sopracciglia.
«No, no. Figurati... Con te mi sento a mio agio.» Con te mi sento a mio agio?! Rory ma cosa caspita gli dici mai? Pensò istantaneamente. Se non avesse chiamato subito i pompieri oppure non si fosse calmata subito, le sue guance sarebbero finite carbonizzate. Jeff rise, avvertendo il perché dell'agitazione della ragazza. Il semaforo era diventato verde.
«Rory, tieniti stretta a me.» Disse e prima che Rory potesse obbedire, sfrecciò a tutto gas, superando tutte le altre auto.
Erano arrivati fuori scuola in un batter d'occhio. Valery, i compagni di classe e molti altri fissarono i due parcheggiare e Rory scendere dalla moto. A quanto pare, Rory è molto conosciuta, pensò Jeff guardandosi attorno divertito. Essere al centro dell'attenzione non era il suo forte, però. Rory lo guardò in tono di scusa e Jeff fece segno col capo come dire “Non preoccuparti.” Lei avrebbe voluto abbracciarlo, in tono di ringraziamento ma non lo fece, non voleva dare l'impressione di essere una ragazzina di facili costumi. Lo ringraziò dandogli una pacca sulla spalla e si avviò velocemente da Valery che nel frattempo aveva assistito alla scena colpita.
«Ro, ma chi è?» chiese sottovoce. Jeff era ancora lì, senza dar segno di voler andarsene. Rory sorrise.
«E' mio amico.» Disse lei e si avviarono insieme dopo che Rory, in lontananza, salutò con la mano un'ultima volta Jeff, che se ne stava lì a braccia conserte.
Alla fine delle lezioni, fuori scuola venne fermata dal professore Nevada, colui che le chiese se avesse voluto partecipare ad EmozionArt e lei mortificata non seppe che cosa rispondere. Non ci aveva minimamente pensato alla canzone che avrebbe dovuto presentare. C'erano talmente tante canzoni che avrebbe voluto cantare che aveva l'imbarazzo della scelta. Gli chiese di scusarla, e che gli avrebbe fatto sapere Lunedì, siccome quel giorno era Venerdì. Si avviò a casa con Valery e rimase di soppiatto sapendo che Jeff non era lì a prenderla. Erano le tre del pomeriggio, lo sciopero doveva essere finito quindi non si fece troppi problemi. D'altronde era già pericoloso girare tra le strade per lui, si disse Rory, poi accompagnandomi a scuola doveva aver rischiato anche grosso. Pensò poi però al fatto che lui era un killer, e le venne una stretta al cuore pensare a quante persone deve aver ucciso... In effetti era vero. Jeff aveva risparmiato solo lei nella sua vita, da quando aveva cominciato. Rory, anche se non sopportava questo lato oscuro di Jeff, di certo non poteva andargli a dire che non doveva più uccidere. Avrebbe dovuto accettarlo così com'era.
Devo parlargli, pensò lei, e fargli capire con calma che sta sbagliando! Devo solo capire quando farlo però...
Valery andò a casa di Rory per studiare insieme a lei. I genitori della ragazza non erano a casa quindi potevano parlare di qualsiasi cosa. Si chiusero in camera tappezzata di poster di Michael Jackson, disegni fatti da lei e persino una fata dipinta sul muro di Rory fatto proprio da lei con le tempere, e si misero sul tappeto con i libri di sala aperti. La ragazza si accorse che non erano andati troppo avanti con gli studi, e che poteva recuperare facilmente quindi appena finirono algebra fecero una pausa merenda, e alle a tutte e due ebbero la voglia di preparare le crepes, siccome Rory non era mai sprovvista di nutella. Per quanto riguarda i dolci nessuno riusciva a batterle.
A Valery le venne in mente, mentre stava spalmando un po' di nutella nella sua crepes, di nuovo del tizio in giacca a vento che l'aveva accompagnata su quella motocicletta nera.
«Rory, ma chi era quel tuo amico, con quella moto tanto figa?» Chiese, e Rory quasi le andò di traverso il succo di frutta che aveva preso dalla dispensa. Deglutì a fatica, di certo non poteva dirle che era un killer e che l'aveva conosciuto mentre la stava per uccidere. Però non le andava affatto di mentirle, quindi cercò di portare il discorso su tutt'altra pista...
«E' solo un mio amico, Valery, che domande. Non pensare a niente di strano, okay?» Disse fancendo la finta offesa. In effetti era la verità, non voleva fidanzarsi, almeno non in quel momento. Dopo aver passato due anni con un ragazzo ed essere stata lasciata in questo modo, il miglior modo per affogare i dispiaceri era distrarsi e divertirsi, no?
A Valery non gliela raccontava giusta, come suonava detto da Rory “E' solo un mio amico.” Ma non volle insistere.
«Come si chiama?» Disse mentre Rory continuava a bere il suo succo di frutta, diventata rossa come un pomodoro a causa di Jeff. I ricordi della sera prima la tormentavano.
«C-chi? Ah, si lui...» Disse, schiarendosi la gola. «Si chiama Jeffray, ma io lo chiamo Jeff...»
Quel nome non mi è nuovo, pensò istantaneamente Valery, che incominciò a guardarla con più attenzione. Si ricordò immediatamente di un personaggio di fantasia che piaceva molto a Rory, il personaggio di un creepypasta... ma era solo un personaggio immaginario, non poteva trattarsi di lui.
«Quindi è straniero?» Chiese, poi. Rory non ci aveva mai pensato, ne gliel'aveva mai chiesto a Jeff questo. In effetti la sua pronuncia era strana ma non sembrava prettamente inglese, inoltre parlava molto bene l'italiano; doveva essere stato in italia molto tempo, pensò Rory all'istante.
«Non gliel'ho chiesto... Sai, l'ho conosciuto da poco...» Disse titubante lei, mentre si passava una mano dietro la nuca.
«Come vi siete conosciuti?» Continuo Valery curiosa. Colpita e affondata. Rory la guardò senza dare segno di risposta, doveva inventarsi qualcosa e all'istante anche.
«Eh beh... storia lunga sai... poi te la racconterò.» Disse e riprese il libro di algebra. «Sai, non ho capito questo! Me lo spiegheresti tu?» Disse indicando un esercizio sul libro.
No, non gliela raccontava giusta, decisamente. Ma non volle approfondire l'argomento, si disse, se avesse voluto parlarle di lui l'avrebbe fatto.
Rory dovette mordersi la lingua e non dirle niente, anche se avrebbe voluto farlo più di qualsiasi cosa al mondo. Aveva paura che le cose le sfuggissero di mano e voleva sapere ardentemente cosa ne pensava Valery di lui. Era la sua migliore amica da molto tempo, e non era capace di mentirle o di portare un segreto con lei troppo alla lunga.
Doveva fare qualcosa.
Capitolo V
Quella mattina Rory si svegliò piena di energie e, siccome era Venerdì e il Sabato non andava a scuola, decise di andarci siccome aveva saltato molte ore di lezione a causa degli eventi. Si lavò e si vestì come un lampo non facendo neanche caso a quello che si era messa, si caricò lo zaino sulle spalle e uscì. Quella mattina c'era un sole stupendo e neanche una nuvola in cielo. Ripensò agli eventi della notte scorsa e alla visita del suo aggressore, e a come fosse possibile che Jeff l'avesse lasciata vivere. Infondo era un assassino ricercato, anche se non aveva risparmiato mai nessuno e quindi nessuno conosceva il suo identikit, Rory subito capì, dalla prima volta che lo vide, che si trattava del killer. Rory si chiedeva come mai avesse voluto lasciar vivere proprio lei, visto che conosceva bene la sua storia... o almeno quella che avevano scritto sottoforma di CreepyPasta. Si chiese se quella storia corrispondesse alla dura realtà di Jeff, ma dopo tanto pensare, si mise le cuffie alle orecchie e alzò la musica a tutto volume. Aveva bisogno di distrarsi. Mentre camminava ad un certo punto si sentì posare una mano sulla spalla. Chi poteva mai essere? Non Valery, perché di solito si incontravano sempre fuori scuola... Si girò togliendosi una cuffia dalle orecchie e vide un ragazzo con occhiali scuri, una sciarpa portata fin sopra la bocca, e una giacca a vento nera.
«Che c'è, non si riconoscono gli amici?» Chiese una voce familiare. Jeff!
«Oh, Jeff!» Disse ad alta voce non potendo credere ai suoi occhi. Quella mattina Jeff indossava dei jeans scuri e una felpa anche essa scura. Evidentemente la felpa bianca e il pantalone di seta nero li metteva solo nelle sue notti.
«Se ti stai chiedendo come mai mi trovi sempre intorno a casa tua, beh... E' solo perché devo sorvegliarti e vedere che non andrai alla polizia a spifferare tutto, quindi non farti strane idee.»
«In verità Jeff, questo pensiero non mi è passato neanche per l'anticamera del cervello.» Sorrise. A quell'affermazione Jeff rimase di soppiatto.
«Cioè, tu hai conosciuto un killer... E non lo denunci?» Disse, facendo della leggera ironia, e la ragazza rise. Poi a Rory venne in mente la sera prima, all'abbraccio che si erano scambiati e cercò con tutte le sue energie di non arrossire al pensiero. Cominciarono a camminare insieme, verso la fermata del bus che portava fino a scuola di Rory. Si appoggiarono al muretto, uno affianco all'altro.
«Jeff... Scusami.» Mormorò lei dopo qualche tempo di silenzio. Il bus tardava a passare.
«Per cosa?»
«Per l'altra sera... Ti ho detto delle cose veramente cattive.» Sospirò dispiaciuta. Jeff fece una smorfia compiaciuta. Era, anche quella, la prima volta che qualcuno gli chiedeva scusa in quel modo.
«Sei assolta dai tuoi peccati.» Rispose, e Rory rise. «Amen.» Disse lei chinando la testa.
Il ragazzo sospirò. «Quelle parole mi hanno davvero fatto arrabbiare... Pero' mi ha fatto piacere una cosa.»
«Cosa?» chiese Rory curiosa.
«Di solito le persone quando mi vedono non fanno che avere paura di me... persino mia madre da quando il mio viso è cambiato non mi guardava. Anzi, cercava in ogni modo di non guardarmi troppo.» A sentire certe storie, lei si adirò ma non lo fece vedere. Possibile mai che una madre poteva dimenticarsi così di un figlio? «Tu invece, anche se son venuto a casa tua in veste di killer mi hai persino tenuto testa. E mi hai proposto di diventare amici. Sei ufficialmente la prima amica che ho...» Parlava con uno strano entusiamo. Era spento, un entusiasmo tormentato. Beh, chi non sarebbe tormentato dopo quello che ha dovuto subire?
«Quanti anni hai?» Chiese improvvisamente Rory. In realtà avrebbe voluto chiederlo già la sera prima ma purtroppo la nottata aveva preso una strana piega degli eventi. A quella domanda Jeff rimase un po' perplesso.
«Ne ho ventuno, perché?»
Allora era grande per davvero! Pensò Rory aggrottando le sopracciglia. Il bus continuava a tardare. La ragazza guardò l'orologio e decise di aspettare altri due minuti.
«Sono la vittima più giovane che hai avuto, negli ultimi tempi. Io ho sedici anni!» Esclamò dandogli una pacca sulla spalla. Jeff a quel punto non poté credere alle proprie orecchie. No, non era possibile che quella ragazza avesse sedici anni!
«Non prendermi in giro! Non puoi avere sedici anni!» Disse alzando la voce, spostandosi di fronte a lei. Rory rise a crepapelle.
«E invece si. Abbiamo ben cinque anni di differenza, zio Jeff! Quanti anni mi hai dato, eh?»
Jeff le aveva dato diciannove anni, ma non voleva dirglielo. Non voleva sembrare un idiota, rispose soltanto:«Non chiamarmi zio Jeff!» Con fare adirato e divertito allo stesso tempo.
Poi Rory improvvisamente si ricordò che quel giorno era lo sciopero dei mezzi pubblici e che i bus non passavano. Si portò una mano alla fronte. «Sono una scema!» E a quell'affermazione Jeff la guardò stranito, inarcando un sopracciglio.
«Adesso l'hai capito?» disse beffardo, e lei gli diede un leggero schiaffo sulla spalla, facendo la finta offesa.
«Non posso andare a scuola se c'è lo sciopero dei mezzi... che idiota sono!»
«Ti accompagno io dai!» Disse prendendola per il polso e per poi trascinarla velocemente con se. Aveva le mani callose e ruvide, si accorse Rory, e la gentilezza non era il suo punto forte... Si chiese come l'avrebbe mai accompagnata quando vide che dietro l'angolo, sotto il cancello di un palazzo, c'era parcheggiata una motocicletta nera, molto familiare. Era la stessa motocicletta del tizio che la fissava in lontananza.
«Dai monta su!» Disse Jeff che nel frattempo era già salito e aveva acceso il motore. Rory non se lo fece ripetere due volte e saltò su dietro di lui. Tenendosi forte.
Se la fortuna era dalla loro parte e non prendevano traffico, Rory sarebbe potuta entrare altrimenti avrebbero chiuso le porte.
Era strano stare su una moto così grande, non le era mai capitato di starci sopra insieme ad un altro ragazzo. Non che ci sia stata con qualcun'altro, però invece di provare paura Jeff la rassicurava.
Su quella moto faceva un po' freschetto, quindi nascose il viso dietro le spalle di lui. Jeff sembrò non farci caso e continuava a guidare. Le rivenne di nuovo il ricordo della sera prima, e dell'abbraccio che si erano scambiati. Era come se Jeff silenziosamente avesse detto "Ti capisco. Io sono qui." E si sentiva felice, ma anche estremamente imbarazzata. Non diventare rossa, non diventare rossa, non diventare rossa! Si ripeté.
«Ehi, che c'è?» Rispose Jeff guardando un'istante dietro. Si erano fermati perché il semaforo era rosso. Rory non si accorse che lo stava abbracciando forte, quasi stritolando, e sentì una vampata alle guance. Evidentemente il suo viso era diventato paonazzo. Poteva sentire bene i pettorali del ragazzo, e la sua magrezza. «Hai paura della moto?» Chiese, e istantaneamente si domandò come mai si preoccupasse per lei in quel modo. Quando si passa troppo tempo col cuore di pietra dopo ti chiedi se mai veramente ce l'avessi avuto. Ma tutto di lei, tutto, lo faceva diventare umano. Dalla prima volta in cui lei gli sorrise fino in quel momento che si teneva stretta a lui. Lo trattava in modo diverso da come tutti l'avevano trattato: era vera, comprensiva, faceva ridere, poteva prendersi gioco di lei perché anche lei faceva lo stesso... Tutte cose che Jeff non faceva più da molto tempo. Forse avrebbe potuto dirle qualsiasi cosa, senza che lei lo guardasse dall'alto in basso oppure con sconcerto.
Rory fece un mezzo sorriso e corrucciò le sopracciglia.
«No, no. Figurati... Con te mi sento a mio agio.» Con te mi sento a mio agio?! Rory ma cosa caspita gli dici mai? Pensò istantaneamente. Se non avesse chiamato subito i pompieri oppure non si fosse calmata subito, le sue guance sarebbero finite carbonizzate. Jeff rise, avvertendo il perché dell'agitazione della ragazza. Il semaforo era diventato verde.
«Rory, tieniti stretta a me.» Disse e prima che Rory potesse obbedire, sfrecciò a tutto gas, superando tutte le altre auto.
Erano arrivati fuori scuola in un batter d'occhio. Valery, i compagni di classe e molti altri fissarono i due parcheggiare e Rory scendere dalla moto. A quanto pare, Rory è molto conosciuta, pensò Jeff guardandosi attorno divertito. Essere al centro dell'attenzione non era il suo forte, però. Rory lo guardò in tono di scusa e Jeff fece segno col capo come dire “Non preoccuparti.” Lei avrebbe voluto abbracciarlo, in tono di ringraziamento ma non lo fece, non voleva dare l'impressione di essere una ragazzina di facili costumi. Lo ringraziò dandogli una pacca sulla spalla e si avviò velocemente da Valery che nel frattempo aveva assistito alla scena colpita.
«Ro, ma chi è?» chiese sottovoce. Jeff era ancora lì, senza dar segno di voler andarsene. Rory sorrise.
«E' mio amico.» Disse lei e si avviarono insieme dopo che Rory, in lontananza, salutò con la mano un'ultima volta Jeff, che se ne stava lì a braccia conserte.
Alla fine delle lezioni, fuori scuola venne fermata dal professore Nevada, colui che le chiese se avesse voluto partecipare ad EmozionArt e lei mortificata non seppe che cosa rispondere. Non ci aveva minimamente pensato alla canzone che avrebbe dovuto presentare. C'erano talmente tante canzoni che avrebbe voluto cantare che aveva l'imbarazzo della scelta. Gli chiese di scusarla, e che gli avrebbe fatto sapere Lunedì, siccome quel giorno era Venerdì. Si avviò a casa con Valery e rimase di soppiatto sapendo che Jeff non era lì a prenderla. Erano le tre del pomeriggio, lo sciopero doveva essere finito quindi non si fece troppi problemi. D'altronde era già pericoloso girare tra le strade per lui, si disse Rory, poi accompagnandomi a scuola doveva aver rischiato anche grosso. Pensò poi però al fatto che lui era un killer, e le venne una stretta al cuore pensare a quante persone deve aver ucciso... In effetti era vero. Jeff aveva risparmiato solo lei nella sua vita, da quando aveva cominciato. Rory, anche se non sopportava questo lato oscuro di Jeff, di certo non poteva andargli a dire che non doveva più uccidere. Avrebbe dovuto accettarlo così com'era.
Devo parlargli, pensò lei, e fargli capire con calma che sta sbagliando! Devo solo capire quando farlo però...
Valery andò a casa di Rory per studiare insieme a lei. I genitori della ragazza non erano a casa quindi potevano parlare di qualsiasi cosa. Si chiusero in camera tappezzata di poster di Michael Jackson, disegni fatti da lei e persino una fata dipinta sul muro di Rory fatto proprio da lei con le tempere, e si misero sul tappeto con i libri di sala aperti. La ragazza si accorse che non erano andati troppo avanti con gli studi, e che poteva recuperare facilmente quindi appena finirono algebra fecero una pausa merenda, e alle a tutte e due ebbero la voglia di preparare le crepes, siccome Rory non era mai sprovvista di nutella. Per quanto riguarda i dolci nessuno riusciva a batterle.
A Valery le venne in mente, mentre stava spalmando un po' di nutella nella sua crepes, di nuovo del tizio in giacca a vento che l'aveva accompagnata su quella motocicletta nera.
«Rory, ma chi era quel tuo amico, con quella moto tanto figa?» Chiese, e Rory quasi le andò di traverso il succo di frutta che aveva preso dalla dispensa. Deglutì a fatica, di certo non poteva dirle che era un killer e che l'aveva conosciuto mentre la stava per uccidere. Però non le andava affatto di mentirle, quindi cercò di portare il discorso su tutt'altra pista...
«E' solo un mio amico, Valery, che domande. Non pensare a niente di strano, okay?» Disse fancendo la finta offesa. In effetti era la verità, non voleva fidanzarsi, almeno non in quel momento. Dopo aver passato due anni con un ragazzo ed essere stata lasciata in questo modo, il miglior modo per affogare i dispiaceri era distrarsi e divertirsi, no?
A Valery non gliela raccontava giusta, come suonava detto da Rory “E' solo un mio amico.” Ma non volle insistere.
«Come si chiama?» Disse mentre Rory continuava a bere il suo succo di frutta, diventata rossa come un pomodoro a causa di Jeff. I ricordi della sera prima la tormentavano.
«C-chi? Ah, si lui...» Disse, schiarendosi la gola. «Si chiama Jeffray, ma io lo chiamo Jeff...»
Quel nome non mi è nuovo, pensò istantaneamente Valery, che incominciò a guardarla con più attenzione. Si ricordò immediatamente di un personaggio di fantasia che piaceva molto a Rory, il personaggio di un creepypasta... ma era solo un personaggio immaginario, non poteva trattarsi di lui.
«Quindi è straniero?» Chiese, poi. Rory non ci aveva mai pensato, ne gliel'aveva mai chiesto a Jeff questo. In effetti la sua pronuncia era strana ma non sembrava prettamente inglese, inoltre parlava molto bene l'italiano; doveva essere stato in italia molto tempo, pensò Rory all'istante.
«Non gliel'ho chiesto... Sai, l'ho conosciuto da poco...» Disse titubante lei, mentre si passava una mano dietro la nuca.
«Come vi siete conosciuti?» Continuo Valery curiosa. Colpita e affondata. Rory la guardò senza dare segno di risposta, doveva inventarsi qualcosa e all'istante anche.
«Eh beh... storia lunga sai... poi te la racconterò.» Disse e riprese il libro di algebra. «Sai, non ho capito questo! Me lo spiegheresti tu?» Disse indicando un esercizio sul libro.
No, non gliela raccontava giusta, decisamente. Ma non volle approfondire l'argomento, si disse, se avesse voluto parlarle di lui l'avrebbe fatto.
Rory dovette mordersi la lingua e non dirle niente, anche se avrebbe voluto farlo più di qualsiasi cosa al mondo. Aveva paura che le cose le sfuggissero di mano e voleva sapere ardentemente cosa ne pensava Valery di lui. Era la sua migliore amica da molto tempo, e non era capace di mentirle o di portare un segreto con lei troppo alla lunga.
Doveva fare qualcosa.
Ultima modifica di RORYJACKSON il Lun Ott 08, 2012 4:32 pm - modificato 2 volte.
RORYJACKSON- INVINCIBLE
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Letto l'ultimo capitolo, mi piace la storia, per ora si sta sviluppando bene, complimenti Però questa volta ho beccato ben due "siccome che", non ci siamo quindi
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
xD corretto! Grazie Ale
Maledetti siccome che XDDDD!!
Maledetti siccome che XDDDD!!
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Hehehe te l'ho fatto notare siccome che io ci tengo alla giusta ortografia
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Siccome che io sono stupida e non faccio caso a 'ste cose xDD eheeheh
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Ora siccome che te l'ho fatto notare sono sicuro che non sbaglierai più
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Siccome che io questo siccome che potrei averlo messo molte volte, sarà difficile non riuscire a non metterlo, siccome che è arduo riuscire a toglierti un'abitudine
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Capisco, ma siccome che siccome che è un errore abbastanza grave devo cercare di evitarlo O in alternativa te lo segnalerò sempre
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Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Ecco a te Ale. xD Scusami... volevo vedere se qualcun'altro commentava... Evidentemente nessuno mi caga
Era notte fonda, e la gente dorme. Tutti tranne Jeff, che se ne stava davanti allo specchio del bagno a fissarsi, sempre con il suo amato coltello in mano. Rivide se stesso molti anni prima, quando avvenne la sua trasformazione, quando si tagliò. Lo sguardo terrorizzato della madre. Il viso deformato in una maschera di panico di suo fratello Liu, e di seguito, fu sempre lo stesso con tutte le sue vittime.
Aveva voglia di uccidere quella sera, ne aveva molta. Era una sensazione strana, una sensazione che lo faceva stare bene, perché per un momento riusciva a dimenticarsi di se stesso, di chi era, che cos'era, quali erano i suoi genitori, chi era suo fratello e che fine avevano fatto. Riusciva a dimenticare quello che avevano fatto al suo viso. Aveva voglia di uccidere ma qualcosa era cambiato. Più di quel sentimento, un'altra voglia era più forte del puro desiderio di far del male a qualcuno. Rivederla. Doveva, altrimenti avrebbe ucciso qualcun'altro, il che non gli dispiaceva. Jeff guardò il suo coltello, ammirandolo in tutte le sue superfici. Gli venne in mente la prima volta che andò da Rory, e quanto aveva desiderato ucciderla. Ed era vero, non aveva mai desiderato tanto uccidere qualcuno come lo aveva desiderato con lei. A prima vista le appariva forte, determinata, presuntuosa, vanitosa... La solita tipa che ti guarda dall'alto in basso. Per questo avvertì quello strano desiderio e rivide se stesso quando la ragazza si mise a picchiare quei tre teppistelli. Ma quando la vide piangere, fu davvero molto strano. Poi quelle parole: “Ti nascondi dietro questo sorriso stampato. Potrai fare di tutto sulla tua faccia ma con quel coltello non riuscirai a fassarci sopra la felicità.” Quelle parole sarebbero rimaste per sempre nella sua mente. In realtà lui non ti era tagliato perché non riusciva a sorridere, in se, ma voleva solo farlo. Voleva solo cambiare, come lui voleva, fare quello che gli altri non volevano, voleva inventare le sue regole. Ed era eccitante. Avvolse il coltello in un panno e lo nascose nella manica della felpa.
Avrebbe dovuto uccidere un tizio chiamato Raffaele, un ragazzo di diciannove anni che abitava nel quartiere affianco di Rory. S'incamminò adagio e mise le mani in tasca, quella sera faceva più freddo del solito.
“Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace, no?”
“Non sei il ritratto della bellezza. Ma mi piaci.”
“Vorrei esserti amica, e capirti Jeff. Solo questo.”
“Non andare via... Jeff.”
Non andare.
Jeff passò sotto casa della sua vittima, ma deviò e come se non bastasse si fermò davanti al palazzo dove abitava Rory, al secondo piano. Come mai si era ritrovato lì, non lo sapeva. Era solo una forte attrazione, verso quella finestra, che lo chiamava, lo incitava a scavalcare. Con agilità si arrampicò fino ad arrivare fuori la sua finestra. Era già diventata un'abitudine vederla dormire? Si chiese Jeff, ed avvertì che la sua sete di sangue non era scemata. Cercò di controllarsi, non voleva uccidere Rory. Non dopo quello che gli aveva dimostrato. Purtroppo era normale che Rory fosse circondata da ragazzi e ragazze, pensò poi, come si fa a non volerle bene? Al che si stupì di questo pensiero. Si domandò molte volte se lui davvero provasse questo sentimento per lei... Eppure rimaneva la voglia di uccidere.
Aprì la finestra, Rory stava dormendo rannicchiata come un bambina. Chiuse piano la finestra e si rannicchiò anche lui in un angolino della stanza, ad osservarla, mentre estraeva il coltello dalla manica.
“Mamma, non ti sembro bello? Prima non riuscivo a sorridere invece adesso guardami. Sto sorridendo!
S-Si figliolo... Adesso vado a chiamare tuo padre per fargli vedere il... il tuo... nuovo viso.”
Rory aprì gli occhi nel sentire un fruscio, tipico dei vestiti quando li stropicci. Vide una figura rannicchiata, le braccia che avvolgevano le ginocchia, il viso nascosto dietro di quest'ultime, il coltello sul pavimento. I capelli lunghi, la felpa, il pantalone nero. Jeff.
«Jeff... ciao.» Sorrise Rory. C'era qualcosa che non andava, il ragazzo stava tremando. Gi fremevano le mani e lottò in tutti i modi contro se stesso, per non prendere quel coltello. La voce della ragazza fu come un fulmine in piena tempesta. Non doveva svegliarsi. Non in quel momento.
«Non avvicinarti.» Disse tormentato. «Ti prego... Rory.»
Rory rimase meravigliata da tale richiesta. Perché si comportava in quel modo? La ragazza scostò lentamente le coperte da se, ma appena mise un piede per terra Jeff ripetè di nuovo, con più decisione: «Non avvicinarti!»
Alzò la testa, Rory era ad una distanza da poco meno di un metro da lui e lo guardava serena, facendogli un dolce sorriso. Ti prego allontanati da me, non ti avvicinare. Ti prego, altrimenti... Gli tremarono le labbra e affondò le unghia nella felpa. Rory si inginocchiò arrivando alla sua stessa altezza.
«Che c'è Jeff?» Disse e fece per allungare il braccio quando qualcosa nel ragazzo scattò. Prese il suo coltello e saltò a cavalcioni su di lei portandola con la testa sul tappeto. Rory rimase scioccata. Che cosa gli era successo? La ragazza lo guardò affranta, capì perché le ripeteva di non avvicinarsi. Voleva proteggerla, proteggerla dalla sua furia assassina.
«Torna a dormire.» Disse Jeff, impugnando forte il coltello e assunse la stessa espressione macabra della prima volta. Aveva centrato il punto, quella volta l'avrebbe fatto. Un colpo solo, al cuore, non gli bastava altro.
“Jeff... Scusami.”
“Non andare via...”
Rory con una buona dose di coraggio, alzò la mano verso di lui, per portargli una ciocca dei suoi sottili capelli dietro l'orecchio, per poi sentire di nuovo quella pelle rivida contro il suo palmo, carezzandogli una guancia. Il tocco delle sue calde mani era quasi impercettibile, ma fu come un pugno allo stomaco. Come poteva una ragazza essere tanto meravigliosa con lui, quando lui stesso la stava per uccidere? Non poteva, non riusciva a credere che quella carezza fosse proprio quella di Rory. Forse se l'era immaginato...
«Jeff, io sono qui.» Disse lei, dolce, ma decisa. Jeff vacillò e per la seconda volta crollò, facendo cadere il coltello sul pavimento il cui rumore fu attutito dal tappeto sottostante. No, non poteva ucciderla, non ci riusciva. Il ragazzo si rannicchiò su di lei, gli avambracci appoggiati al suolo, ai lati della ragazza che sembrava veramente minuscola sotto la stazza imponente del suo killer.
Jeff cercò di non guardarla di nuovo negli occhi, non voleva vederli per la paura di scorgerne qualche sentimento negativo. Non voleva essere ancora odiato, almeno non da lei. Sgorgarono lacrime, e Jeff pianse in silenzio come mai aveva fatto prima di allora e Rory, diversamente dal ragazzo, portò la testa di lui dolcemente, contro il suo petto. Continuava a passare le mani tra quei capelli che voleva tanto toccare, per vedere se erano secchi e sottili come sembravano, ed al tatto erano morbidi.
«Rory io... io non... volevo che accadesse di nuovo... me l'ero giurato che non sarebbe accaduto... non di nuovo...» Disse tra un singhiozzo e l'altro. «Scusami...»
«Ehi, ehi!» Disse lei alzandogli il mento, per incrociare il suo sguardo. Non avrebbe mai pensato di vedere quel ragazzo, il temutissimo killer, piangere in quel modo. Vedere i suoi occhi gonfi, le guance colorate di una forte sfumatura di rosso. «Sono viva... E sono qui.» Mormorò e sorrise. Jeff si appoggiò nuovamente al suo petto e poteva sentire chiaramente il ticchettio regolare del cuore di Rory, che batteva leggermente più veloce. Dev'essersi spaventata ma non lo da a vedere, forse per non farmi sentire in colpa... pensò Jeff, calmandosi. Quando Rory non sentì più nessun lamento mormorò a voce sommessa: «Tutto bene, caro?» Chiese passandogli un'ultima volta la mano in quei capelli neri. Jeff annuì, rimanendo in quella posizione e Rory che si imbarazzò a causa della vicinanza del ragazzo disse: «Jeff, possiamo anche alzarci adesso, no?» In quel momento era vero che il suo cuore batteva all'impazzata, non per la paura ma per la vergogna. Lui, come se si fosse accorto solo allora di esserle vicino in modo che si poteva considerare intimo si alzò velocemente da lei, e la aiutò ad alzarsi tendendole la mano. Rory si ricompose stirandosi con le mani la maglia del pigiama tutta spiegazzata e si guardarono per un momento. Lei vide che il ragazzo aveva ancora gli occhi lucidi, in quel momento gli sembrava davvero un bambino indifeso. Cercò di trattenere una risata. Jeff la guardò stranito, e inarcò un sopracciglio.
«Grazie Jeff.» Disse Rory, al che il ragazzo spalancò gli occhi meravigliato. Perché lo stava ringraziando? «... Era da tempo che non mi sentivo così... così...» Cominciò a dire lei, cercando di trovare le parole adatte. «Così libera. Riesci a farmi dimenticare di tutti i miei problemi. E' una sensazione stupenda, vorrei che potessi provarla anche tu!»
Imbarazzato si passò una mano dietro la nuca, e distolse lo sguardo da lei. Ci fu un momento di silenzio tombale tra i due, tanto da riuscire a sentire il respiro dell'altro. Jeff non sapeva che cosa dire perché ogni cosa gli sembrava fuori luogo e cominciò a guardare l'interno della stanza in tutti i suoi particolari, anche se al buio non si potevano distinguere molte cose. Vide che la parete alle sue spalle era tappezzata dei disegni di lei, ma riuscì a distinguere solo uno di quelli. Era un grande foglio con sopra alcuni volti di Charlie Chaplin. Era fatto veramente bene, per una ragazza che aveva sedici anni e non frequentava un liceo artistico. Dopo di che la stanza era spoglia: c'erano un piccolo armadio bianco decadente in un angolo, una piccola scrivania all'angolo opposto, un vecchio computer poggiato sopra e uno sgabbellino dove sedersi dopo di che fogli, matite, gomme e pastelli dappertutto. La camera di un'artista era di solito così in disordine? Si chiese.
Il sorriso scomparve dal viso di Rory, ed assunse un espressione seria, quasi malinconica.
«Jeff...» Mormorò sommessamente. «Avevi voglia di uccidere me, perché ho fatto qualcosa che ti ha offeso?» Disse. Quel pensiero la stava già tormentando da un po' quindi volle chiederglielo. Il ragazzo rimase di soppiatto, non capendo perché insinuasse tale pensiero.
«No.» Disse lui, distogliendo lo sguardo da lei. «Avevo voglia di uccidere, e ne ho ancora, però sarei dovuto andare da un altro ragazzo. Ma non so per quale motivo, qualcosa mi ha fatto venire qui.» Non riusciva a non dirle la verità. Sospirò e si allontanò da lei. «Non sei al sicuro con me...» Era ormai arrivato sulla soglia della finestra.
«Jeff...»
«Voglio stare da solo.»
Disse nel tono più gelido che poté e senza neanche girarsi, chiuse la finestra e si avviò fuori a passo svelto, scivolando tra i balconi e i ferri attaccati i muri, come una spia allenato all'arte del ninjitsu.
Rory rimase sconvolta, ma quando stava per mettersi a letto si accorse che il coltello del ragazzo era sul tappeto a pochi passi da lei. Lo prese e lo ammirò, era molto pesante. D'altronde era normale, aveva la grandezza di un coltello da cucina usato per tritare, ma aveva la lama più spessa. Ed era molto affilata.
Doveva restituirgliela? Si chiese. “Va beh, se la vuole di nuovo sa dove l'ha lasciata...” Pensò poi. Non voleva avere più quella cosa tra le sue mani. Quella lama che aveva assaggiato fin troppo sangue...
Ma improvvisamente sentì dentro di lei una strana sensazione, come un brutto presentimento. Aprì la finestra e si espose per vedere se magari Jeff era ancora nelle vicinanze. E lo vide, stava avanzando dietro l'angolo della strada, quando improvvisamente Rory vide tre ragazzi che ridevano e scherzavano, più o meno dell'età di Jeff.
Senza neanche pensarci due volte, indossò una tuta nera e le converse che aveva lasciato in camera, mise una giacchetta abbastanza pesante, prese il coltello e scivolò tra i piani, cercando di imitare il suo "Amico-Killer". Era piuttosto difficile ma non impossibile, si accorse Rory. Lei abitava solo al secondo piano e le ringhiere dei balconi dei vicini aiutavano molto. Vide che quei ragazzi si erano avvicinati a Jeff che si era messo a sedere su un marciapiede, quasi fosse sfinito. Rory corse più veloce che poté senza farsi vedere.
Si nascose dietro un auto lì vicino e si mise ad aspettare.
«Ehi, guardate che cosa abbiamo qui?» disse uno di loro, beffardo. Evidentemente ancora non avevano guardato Jeff in faccia se avevano il coraggio di parlargli in quel modo, pensò Rory, che stringeva il manico del coltello con entrambe le mani. Jeff rimase in silenzio, a testa bassa, i capelli che gli coprivano il viso e la voglia di uccidere che stava crescendo in lui.
«Troppa paura per parlare? Guardatelo, sta tremando...» Disse uno di loro ridendo. Jeff tremava, ma di certo non per paura...
«Quando qualcuno ti parla, sei pregato di alzare la testa, figlio di...» Ma prima che quel tizio potesse avvicinarsi, Rory corse davanti a Jeff brandendo il coltello puntandolo al mento del suo avversario, cercando di recitare al meglio la parte della cattiva. Jeff alzò la testa e la guardò meravigliato, e i teppisti altrettanto.
«Dovrete nascere centomila volte e poi passare sul mio cadavere prima di torcere un capello a questo ragazzo. E' chiaro?» Disse e uno dei tre si mise a ridere.
«Oh guardate , lo sfigato ha un'amichetta.» Detto questo prese un coltellino che teneva in tasca e glielo puntò su di lei. “L'hanno minacciata.” Jeff riuscì a pensare solo questo, quando la sensazione di voler uccidere lo assalì. Ma non era come la solita sensazione, era più profonda, più intima, mescolata ad un altro desiderio che non riuscì a descrivere. S'alzò con tutta calma e tolse dalle mani di Rory il coltello, che lo guardava perplessa. Lui la fissò con uno strano sguardo. Era macabro e spaventoso ma a Rory non fece paura.
«Le brave bambine non vanno in giro con tali armi...» Sussurrò, e la ragazza sentì un brivido dietro la schiena. «Potresti farti male.» Detto questo Jeff si voltò verso i tre così che loro potessero vederlo bene. Rimasero impietriti e il ragazzo che cacciò il coltello dalla tasca fu tanto terrorizzato da farlo cadere. Jeff si avvicinò lento.
«Tornate a dormire.»
Si scagliò su uno di loro mentre gli altri fuggirono spaventati, e lo colpì violentemente al viso con pugni. Rory si meravigliò del fatto che non usò subito il coltello per ucciderlo, quasi come se volesse prima farlo soffrire per poi dargli il colpo di grazia alla fine di una lenta agonia. Rimase immobile, esterrefatta. Il ragazzo stava perdendo i sensi e Jeff alzò il coltello pronto ad affondare, ma Rory si scagliò su di lui cincendogli le spalle per poi farlo allontanare dal ragazzo che era supino a terra, inerme e sconfitto.
«Basta Jeff!» Gridò Rory cercando con tutte le sue forze di tenerlo, Jeff era molto forte e si dimenava. Voleva ucciderlo con tutto se stesso. «Basta Jeff, è finita!» Rory lo portò a terra con una presa insegnatale dal suo maestro, e si mise di nuovo su di lui, questa volta però lo abbacciò con tutte le sue forze, una mano portata dietro la sua testa per non fargli toccare il suolo.
«E' finita Jeff... è tutto okay.» Mormorò, quando sapeva bene che in verità non era “tutto okay”, ma in qualche modo doveva farlo calmare. Jeff rimase immobile sotto di lei, mise lentamente il coltello per terra e l'abbracciò anche lui con foga.
«Non è tutto okay... Mi hai visto, no?» Mormorò lui. «Io sono quel che sono... Non riuscirai a fermare il demone che è in me.» Disse, ma non c'era niente di presuntuoso in quell'affermazione. Era come se si fosse arreso ad una realtà più grande di lui.
«Si è vero, tu sei quello che sei.» Disse Rory, e lo allontanò da se, per vederlo bene in viso. Jeff effettivamente si aspettava una risposta del genere, e constatò che quella ragazza veramente non poteva vedere più di questo in lui. Doveva solo accettare la verità.
«Sei quello che sei. Non quello che fai. Tu sei più di questo.»
Quell'affermazione fu come una pugnalata in pieno petto. Quella Rory riusciva a trovare la risposta giusta sempre al momento giusto. Jeff si chiese se mai in un'altra vita sarebbe riuscita ad odiarla. Evidentemente la risposta era negativa. “Io sono più di questo...Per lei.” Pensò, e capì che in verità non voleva altro. Non voleva che nessun altro lo considerasse più di un Killer, tranne che lei. E per lei, lui era più di questo. Per la prima volta, sentì scivolarsi di dosso se stesso senza aver ucciso, sentì la pace dei sensi. Era una bella sensazione.
«Sei riuscita a farmela provare.» Disse. E quella volta il suo sorriso era autantico.
«Cosa?» Chiese confusa lei e inarcò un sopracciglio sorridendo debolmente.
«La sensazione di essere liberi.» Mormorò e Rory dovette dare fronte a tutti i suoi sforzi per non piangere. Lo abbacciò così forte che quasi lo soffocò.
Tornarono a casa di Rory, e lei vide che quei vigliacchi raccolsero l'amico che era rimasto supino per terra tutto quel tempo e se lo portarono via. Lei si accasciò sul letto sfinita mentre lui rimase all'impiedi ridacchiando divertito.
«Jeff, ti va di venire a casa mia domani mattina?» Disse lei facendogli un bel sorriso raggiante. Jeff confuso non sapeva che rispondere. Sarebbe dovuto andare a casa sua di mattina? Come un vero e proprio... ospite?
«Perché?» Chiese, e si sedette sullo sgabello vicino al PC della ragazza.
«Perché oggi, cioè, ieri siccome sono le tre di notte, io e Valery abbiamo fatto le crepes e ci sono avanzate. Pensavo avrebbero giovato al tuo umore... Una bella crepes piena zeppa di nutella...» Disse l'ultima frase in modo sognante e Jeff rise.
«Giovato? Non sono una donna incinta, sai?» Disse ridendo, e Rory a tale affermazione rise anche lei.
«Sei un uomo, purtroppo non potrai mai capire quanto noi donne soffriamo... le pene delle mestruazioni!» Disse lei gesticolando in tono teatrale.
«Va bene... Ma che sia piena di nutella.» Disse lui ridendo.
«Oh, contaci!»
Continua. (ovviamente mi aspetto delle critiche! xD)
Capitolo VI
Era notte fonda, e la gente dorme. Tutti tranne Jeff, che se ne stava davanti allo specchio del bagno a fissarsi, sempre con il suo amato coltello in mano. Rivide se stesso molti anni prima, quando avvenne la sua trasformazione, quando si tagliò. Lo sguardo terrorizzato della madre. Il viso deformato in una maschera di panico di suo fratello Liu, e di seguito, fu sempre lo stesso con tutte le sue vittime.
Aveva voglia di uccidere quella sera, ne aveva molta. Era una sensazione strana, una sensazione che lo faceva stare bene, perché per un momento riusciva a dimenticarsi di se stesso, di chi era, che cos'era, quali erano i suoi genitori, chi era suo fratello e che fine avevano fatto. Riusciva a dimenticare quello che avevano fatto al suo viso. Aveva voglia di uccidere ma qualcosa era cambiato. Più di quel sentimento, un'altra voglia era più forte del puro desiderio di far del male a qualcuno. Rivederla. Doveva, altrimenti avrebbe ucciso qualcun'altro, il che non gli dispiaceva. Jeff guardò il suo coltello, ammirandolo in tutte le sue superfici. Gli venne in mente la prima volta che andò da Rory, e quanto aveva desiderato ucciderla. Ed era vero, non aveva mai desiderato tanto uccidere qualcuno come lo aveva desiderato con lei. A prima vista le appariva forte, determinata, presuntuosa, vanitosa... La solita tipa che ti guarda dall'alto in basso. Per questo avvertì quello strano desiderio e rivide se stesso quando la ragazza si mise a picchiare quei tre teppistelli. Ma quando la vide piangere, fu davvero molto strano. Poi quelle parole: “Ti nascondi dietro questo sorriso stampato. Potrai fare di tutto sulla tua faccia ma con quel coltello non riuscirai a fassarci sopra la felicità.” Quelle parole sarebbero rimaste per sempre nella sua mente. In realtà lui non ti era tagliato perché non riusciva a sorridere, in se, ma voleva solo farlo. Voleva solo cambiare, come lui voleva, fare quello che gli altri non volevano, voleva inventare le sue regole. Ed era eccitante. Avvolse il coltello in un panno e lo nascose nella manica della felpa.
Avrebbe dovuto uccidere un tizio chiamato Raffaele, un ragazzo di diciannove anni che abitava nel quartiere affianco di Rory. S'incamminò adagio e mise le mani in tasca, quella sera faceva più freddo del solito.
“Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace, no?”
“Non sei il ritratto della bellezza. Ma mi piaci.”
“Vorrei esserti amica, e capirti Jeff. Solo questo.”
“Non andare via... Jeff.”
Non andare.
Jeff passò sotto casa della sua vittima, ma deviò e come se non bastasse si fermò davanti al palazzo dove abitava Rory, al secondo piano. Come mai si era ritrovato lì, non lo sapeva. Era solo una forte attrazione, verso quella finestra, che lo chiamava, lo incitava a scavalcare. Con agilità si arrampicò fino ad arrivare fuori la sua finestra. Era già diventata un'abitudine vederla dormire? Si chiese Jeff, ed avvertì che la sua sete di sangue non era scemata. Cercò di controllarsi, non voleva uccidere Rory. Non dopo quello che gli aveva dimostrato. Purtroppo era normale che Rory fosse circondata da ragazzi e ragazze, pensò poi, come si fa a non volerle bene? Al che si stupì di questo pensiero. Si domandò molte volte se lui davvero provasse questo sentimento per lei... Eppure rimaneva la voglia di uccidere.
Aprì la finestra, Rory stava dormendo rannicchiata come un bambina. Chiuse piano la finestra e si rannicchiò anche lui in un angolino della stanza, ad osservarla, mentre estraeva il coltello dalla manica.
“Mamma, non ti sembro bello? Prima non riuscivo a sorridere invece adesso guardami. Sto sorridendo!
S-Si figliolo... Adesso vado a chiamare tuo padre per fargli vedere il... il tuo... nuovo viso.”
Rory aprì gli occhi nel sentire un fruscio, tipico dei vestiti quando li stropicci. Vide una figura rannicchiata, le braccia che avvolgevano le ginocchia, il viso nascosto dietro di quest'ultime, il coltello sul pavimento. I capelli lunghi, la felpa, il pantalone nero. Jeff.
«Jeff... ciao.» Sorrise Rory. C'era qualcosa che non andava, il ragazzo stava tremando. Gi fremevano le mani e lottò in tutti i modi contro se stesso, per non prendere quel coltello. La voce della ragazza fu come un fulmine in piena tempesta. Non doveva svegliarsi. Non in quel momento.
«Non avvicinarti.» Disse tormentato. «Ti prego... Rory.»
Rory rimase meravigliata da tale richiesta. Perché si comportava in quel modo? La ragazza scostò lentamente le coperte da se, ma appena mise un piede per terra Jeff ripetè di nuovo, con più decisione: «Non avvicinarti!»
Alzò la testa, Rory era ad una distanza da poco meno di un metro da lui e lo guardava serena, facendogli un dolce sorriso. Ti prego allontanati da me, non ti avvicinare. Ti prego, altrimenti... Gli tremarono le labbra e affondò le unghia nella felpa. Rory si inginocchiò arrivando alla sua stessa altezza.
«Che c'è Jeff?» Disse e fece per allungare il braccio quando qualcosa nel ragazzo scattò. Prese il suo coltello e saltò a cavalcioni su di lei portandola con la testa sul tappeto. Rory rimase scioccata. Che cosa gli era successo? La ragazza lo guardò affranta, capì perché le ripeteva di non avvicinarsi. Voleva proteggerla, proteggerla dalla sua furia assassina.
«Torna a dormire.» Disse Jeff, impugnando forte il coltello e assunse la stessa espressione macabra della prima volta. Aveva centrato il punto, quella volta l'avrebbe fatto. Un colpo solo, al cuore, non gli bastava altro.
“Jeff... Scusami.”
“Non andare via...”
Rory con una buona dose di coraggio, alzò la mano verso di lui, per portargli una ciocca dei suoi sottili capelli dietro l'orecchio, per poi sentire di nuovo quella pelle rivida contro il suo palmo, carezzandogli una guancia. Il tocco delle sue calde mani era quasi impercettibile, ma fu come un pugno allo stomaco. Come poteva una ragazza essere tanto meravigliosa con lui, quando lui stesso la stava per uccidere? Non poteva, non riusciva a credere che quella carezza fosse proprio quella di Rory. Forse se l'era immaginato...
«Jeff, io sono qui.» Disse lei, dolce, ma decisa. Jeff vacillò e per la seconda volta crollò, facendo cadere il coltello sul pavimento il cui rumore fu attutito dal tappeto sottostante. No, non poteva ucciderla, non ci riusciva. Il ragazzo si rannicchiò su di lei, gli avambracci appoggiati al suolo, ai lati della ragazza che sembrava veramente minuscola sotto la stazza imponente del suo killer.
Jeff cercò di non guardarla di nuovo negli occhi, non voleva vederli per la paura di scorgerne qualche sentimento negativo. Non voleva essere ancora odiato, almeno non da lei. Sgorgarono lacrime, e Jeff pianse in silenzio come mai aveva fatto prima di allora e Rory, diversamente dal ragazzo, portò la testa di lui dolcemente, contro il suo petto. Continuava a passare le mani tra quei capelli che voleva tanto toccare, per vedere se erano secchi e sottili come sembravano, ed al tatto erano morbidi.
«Rory io... io non... volevo che accadesse di nuovo... me l'ero giurato che non sarebbe accaduto... non di nuovo...» Disse tra un singhiozzo e l'altro. «Scusami...»
«Ehi, ehi!» Disse lei alzandogli il mento, per incrociare il suo sguardo. Non avrebbe mai pensato di vedere quel ragazzo, il temutissimo killer, piangere in quel modo. Vedere i suoi occhi gonfi, le guance colorate di una forte sfumatura di rosso. «Sono viva... E sono qui.» Mormorò e sorrise. Jeff si appoggiò nuovamente al suo petto e poteva sentire chiaramente il ticchettio regolare del cuore di Rory, che batteva leggermente più veloce. Dev'essersi spaventata ma non lo da a vedere, forse per non farmi sentire in colpa... pensò Jeff, calmandosi. Quando Rory non sentì più nessun lamento mormorò a voce sommessa: «Tutto bene, caro?» Chiese passandogli un'ultima volta la mano in quei capelli neri. Jeff annuì, rimanendo in quella posizione e Rory che si imbarazzò a causa della vicinanza del ragazzo disse: «Jeff, possiamo anche alzarci adesso, no?» In quel momento era vero che il suo cuore batteva all'impazzata, non per la paura ma per la vergogna. Lui, come se si fosse accorto solo allora di esserle vicino in modo che si poteva considerare intimo si alzò velocemente da lei, e la aiutò ad alzarsi tendendole la mano. Rory si ricompose stirandosi con le mani la maglia del pigiama tutta spiegazzata e si guardarono per un momento. Lei vide che il ragazzo aveva ancora gli occhi lucidi, in quel momento gli sembrava davvero un bambino indifeso. Cercò di trattenere una risata. Jeff la guardò stranito, e inarcò un sopracciglio.
«Grazie Jeff.» Disse Rory, al che il ragazzo spalancò gli occhi meravigliato. Perché lo stava ringraziando? «... Era da tempo che non mi sentivo così... così...» Cominciò a dire lei, cercando di trovare le parole adatte. «Così libera. Riesci a farmi dimenticare di tutti i miei problemi. E' una sensazione stupenda, vorrei che potessi provarla anche tu!»
Imbarazzato si passò una mano dietro la nuca, e distolse lo sguardo da lei. Ci fu un momento di silenzio tombale tra i due, tanto da riuscire a sentire il respiro dell'altro. Jeff non sapeva che cosa dire perché ogni cosa gli sembrava fuori luogo e cominciò a guardare l'interno della stanza in tutti i suoi particolari, anche se al buio non si potevano distinguere molte cose. Vide che la parete alle sue spalle era tappezzata dei disegni di lei, ma riuscì a distinguere solo uno di quelli. Era un grande foglio con sopra alcuni volti di Charlie Chaplin. Era fatto veramente bene, per una ragazza che aveva sedici anni e non frequentava un liceo artistico. Dopo di che la stanza era spoglia: c'erano un piccolo armadio bianco decadente in un angolo, una piccola scrivania all'angolo opposto, un vecchio computer poggiato sopra e uno sgabbellino dove sedersi dopo di che fogli, matite, gomme e pastelli dappertutto. La camera di un'artista era di solito così in disordine? Si chiese.
Il sorriso scomparve dal viso di Rory, ed assunse un espressione seria, quasi malinconica.
«Jeff...» Mormorò sommessamente. «Avevi voglia di uccidere me, perché ho fatto qualcosa che ti ha offeso?» Disse. Quel pensiero la stava già tormentando da un po' quindi volle chiederglielo. Il ragazzo rimase di soppiatto, non capendo perché insinuasse tale pensiero.
«No.» Disse lui, distogliendo lo sguardo da lei. «Avevo voglia di uccidere, e ne ho ancora, però sarei dovuto andare da un altro ragazzo. Ma non so per quale motivo, qualcosa mi ha fatto venire qui.» Non riusciva a non dirle la verità. Sospirò e si allontanò da lei. «Non sei al sicuro con me...» Era ormai arrivato sulla soglia della finestra.
«Jeff...»
«Voglio stare da solo.»
Disse nel tono più gelido che poté e senza neanche girarsi, chiuse la finestra e si avviò fuori a passo svelto, scivolando tra i balconi e i ferri attaccati i muri, come una spia allenato all'arte del ninjitsu.
Rory rimase sconvolta, ma quando stava per mettersi a letto si accorse che il coltello del ragazzo era sul tappeto a pochi passi da lei. Lo prese e lo ammirò, era molto pesante. D'altronde era normale, aveva la grandezza di un coltello da cucina usato per tritare, ma aveva la lama più spessa. Ed era molto affilata.
Doveva restituirgliela? Si chiese. “Va beh, se la vuole di nuovo sa dove l'ha lasciata...” Pensò poi. Non voleva avere più quella cosa tra le sue mani. Quella lama che aveva assaggiato fin troppo sangue...
Ma improvvisamente sentì dentro di lei una strana sensazione, come un brutto presentimento. Aprì la finestra e si espose per vedere se magari Jeff era ancora nelle vicinanze. E lo vide, stava avanzando dietro l'angolo della strada, quando improvvisamente Rory vide tre ragazzi che ridevano e scherzavano, più o meno dell'età di Jeff.
Senza neanche pensarci due volte, indossò una tuta nera e le converse che aveva lasciato in camera, mise una giacchetta abbastanza pesante, prese il coltello e scivolò tra i piani, cercando di imitare il suo "Amico-Killer". Era piuttosto difficile ma non impossibile, si accorse Rory. Lei abitava solo al secondo piano e le ringhiere dei balconi dei vicini aiutavano molto. Vide che quei ragazzi si erano avvicinati a Jeff che si era messo a sedere su un marciapiede, quasi fosse sfinito. Rory corse più veloce che poté senza farsi vedere.
Si nascose dietro un auto lì vicino e si mise ad aspettare.
«Ehi, guardate che cosa abbiamo qui?» disse uno di loro, beffardo. Evidentemente ancora non avevano guardato Jeff in faccia se avevano il coraggio di parlargli in quel modo, pensò Rory, che stringeva il manico del coltello con entrambe le mani. Jeff rimase in silenzio, a testa bassa, i capelli che gli coprivano il viso e la voglia di uccidere che stava crescendo in lui.
«Troppa paura per parlare? Guardatelo, sta tremando...» Disse uno di loro ridendo. Jeff tremava, ma di certo non per paura...
«Quando qualcuno ti parla, sei pregato di alzare la testa, figlio di...» Ma prima che quel tizio potesse avvicinarsi, Rory corse davanti a Jeff brandendo il coltello puntandolo al mento del suo avversario, cercando di recitare al meglio la parte della cattiva. Jeff alzò la testa e la guardò meravigliato, e i teppisti altrettanto.
«Dovrete nascere centomila volte e poi passare sul mio cadavere prima di torcere un capello a questo ragazzo. E' chiaro?» Disse e uno dei tre si mise a ridere.
«Oh guardate , lo sfigato ha un'amichetta.» Detto questo prese un coltellino che teneva in tasca e glielo puntò su di lei. “L'hanno minacciata.” Jeff riuscì a pensare solo questo, quando la sensazione di voler uccidere lo assalì. Ma non era come la solita sensazione, era più profonda, più intima, mescolata ad un altro desiderio che non riuscì a descrivere. S'alzò con tutta calma e tolse dalle mani di Rory il coltello, che lo guardava perplessa. Lui la fissò con uno strano sguardo. Era macabro e spaventoso ma a Rory non fece paura.
«Le brave bambine non vanno in giro con tali armi...» Sussurrò, e la ragazza sentì un brivido dietro la schiena. «Potresti farti male.» Detto questo Jeff si voltò verso i tre così che loro potessero vederlo bene. Rimasero impietriti e il ragazzo che cacciò il coltello dalla tasca fu tanto terrorizzato da farlo cadere. Jeff si avvicinò lento.
«Tornate a dormire.»
Si scagliò su uno di loro mentre gli altri fuggirono spaventati, e lo colpì violentemente al viso con pugni. Rory si meravigliò del fatto che non usò subito il coltello per ucciderlo, quasi come se volesse prima farlo soffrire per poi dargli il colpo di grazia alla fine di una lenta agonia. Rimase immobile, esterrefatta. Il ragazzo stava perdendo i sensi e Jeff alzò il coltello pronto ad affondare, ma Rory si scagliò su di lui cincendogli le spalle per poi farlo allontanare dal ragazzo che era supino a terra, inerme e sconfitto.
«Basta Jeff!» Gridò Rory cercando con tutte le sue forze di tenerlo, Jeff era molto forte e si dimenava. Voleva ucciderlo con tutto se stesso. «Basta Jeff, è finita!» Rory lo portò a terra con una presa insegnatale dal suo maestro, e si mise di nuovo su di lui, questa volta però lo abbacciò con tutte le sue forze, una mano portata dietro la sua testa per non fargli toccare il suolo.
«E' finita Jeff... è tutto okay.» Mormorò, quando sapeva bene che in verità non era “tutto okay”, ma in qualche modo doveva farlo calmare. Jeff rimase immobile sotto di lei, mise lentamente il coltello per terra e l'abbracciò anche lui con foga.
«Non è tutto okay... Mi hai visto, no?» Mormorò lui. «Io sono quel che sono... Non riuscirai a fermare il demone che è in me.» Disse, ma non c'era niente di presuntuoso in quell'affermazione. Era come se si fosse arreso ad una realtà più grande di lui.
«Si è vero, tu sei quello che sei.» Disse Rory, e lo allontanò da se, per vederlo bene in viso. Jeff effettivamente si aspettava una risposta del genere, e constatò che quella ragazza veramente non poteva vedere più di questo in lui. Doveva solo accettare la verità.
«Sei quello che sei. Non quello che fai. Tu sei più di questo.»
Quell'affermazione fu come una pugnalata in pieno petto. Quella Rory riusciva a trovare la risposta giusta sempre al momento giusto. Jeff si chiese se mai in un'altra vita sarebbe riuscita ad odiarla. Evidentemente la risposta era negativa. “Io sono più di questo...Per lei.” Pensò, e capì che in verità non voleva altro. Non voleva che nessun altro lo considerasse più di un Killer, tranne che lei. E per lei, lui era più di questo. Per la prima volta, sentì scivolarsi di dosso se stesso senza aver ucciso, sentì la pace dei sensi. Era una bella sensazione.
«Sei riuscita a farmela provare.» Disse. E quella volta il suo sorriso era autantico.
«Cosa?» Chiese confusa lei e inarcò un sopracciglio sorridendo debolmente.
«La sensazione di essere liberi.» Mormorò e Rory dovette dare fronte a tutti i suoi sforzi per non piangere. Lo abbacciò così forte che quasi lo soffocò.
Tornarono a casa di Rory, e lei vide che quei vigliacchi raccolsero l'amico che era rimasto supino per terra tutto quel tempo e se lo portarono via. Lei si accasciò sul letto sfinita mentre lui rimase all'impiedi ridacchiando divertito.
«Jeff, ti va di venire a casa mia domani mattina?» Disse lei facendogli un bel sorriso raggiante. Jeff confuso non sapeva che rispondere. Sarebbe dovuto andare a casa sua di mattina? Come un vero e proprio... ospite?
«Perché?» Chiese, e si sedette sullo sgabello vicino al PC della ragazza.
«Perché oggi, cioè, ieri siccome sono le tre di notte, io e Valery abbiamo fatto le crepes e ci sono avanzate. Pensavo avrebbero giovato al tuo umore... Una bella crepes piena zeppa di nutella...» Disse l'ultima frase in modo sognante e Jeff rise.
«Giovato? Non sono una donna incinta, sai?» Disse ridendo, e Rory a tale affermazione rise anche lei.
«Sei un uomo, purtroppo non potrai mai capire quanto noi donne soffriamo... le pene delle mestruazioni!» Disse lei gesticolando in tono teatrale.
«Va bene... Ma che sia piena di nutella.» Disse lui ridendo.
«Oh, contaci!»
Continua. (ovviamente mi aspetto delle critiche! xD)
RORYJACKSON- INVINCIBLE
- Numero di messaggi : 5072
Età : 28
Data d'iscrizione : 21.08.09
Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Ho letto finalmente l'ultimo capitolo, e devo dire che è il migliore finora, davvero molto bello, brava Ormai la storia mi ha preso e il modo di scrivere che hai è coinvolgente, inoltre in questo capitolo non c'è nessun "siccome che" Quindi complimenti davvero
2 Bad- Greatest Entertainer of All Time
- Numero di messaggi : 12424
Età : 31
Località : Monopoli (BA)
Data d'iscrizione : 22.04.11
Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Grazie ale Siccome che... xD
Sono contenta che ti piace Al prossimo allora
Mi sa, mi sa che sarebbe meglio se scrivessi una FF su Michael oppure un nuovo romanzo, perché questo qui interessa solo a te
Sono contenta che ti piace Al prossimo allora
Mi sa, mi sa che sarebbe meglio se scrivessi una FF su Michael oppure un nuovo romanzo, perché questo qui interessa solo a te
RORYJACKSON- INVINCIBLE
- Numero di messaggi : 5072
Età : 28
Data d'iscrizione : 21.08.09
Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Di nulla, complimenti meritati u.u
Certo, aspetto il prossimo, quindi non scrivere un'altra storia senza prima finire questa, non vorrai mica lasciare il tuo lettore numero uno (e solo ) senza il seguito?
Certo, aspetto il prossimo, quindi non scrivere un'altra storia senza prima finire questa, non vorrai mica lasciare il tuo lettore numero uno (e solo ) senza il seguito?
2 Bad- Greatest Entertainer of All Time
- Numero di messaggi : 12424
Età : 31
Località : Monopoli (BA)
Data d'iscrizione : 22.04.11
Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
No... non preoccuparti xD quando finirò e ne scriverò un'altra spero di averti ancora come lettore
RORYJACKSON- INVINCIBLE
- Numero di messaggi : 5072
Età : 28
Data d'iscrizione : 21.08.09
Re: FanFiction su CreepyPasta. (Jeff il killer)
Per fortuna Certo che mi avrai come lettore, sono tuo fan ormai
2 Bad- Greatest Entertainer of All Time
- Numero di messaggi : 12424
Età : 31
Località : Monopoli (BA)
Data d'iscrizione : 22.04.11
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