S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
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S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Promemoria primo messaggio :
Allora, la stiamo inventando io e Ale (chiedo di nuovo venia a Kris, non volevo copiarti l'idea xD), e lui mi sta aiutando fondamentalmente in fattore sintattico, grammaticale e strutturale, riguardo alla storia. Quindi i maggiori meriti a lui, grazie.
Detto questo, vi lascio col prologo.
Prologo.
Era tutto buio in quella stanza d'albergo. Vi erano solo lui, il suo aggressore e nessun'altro. Lo aveva messo alle strette, catturato come un topo che aveva cercato di portarsi via l'amato formaggio e fosse rimasto incastrato in quella trappola per topi. Era stato scoperto in flagrante nel tentativo di mantenere informazioni segrete che dovevano rimanere ad ogni costo tali com'erano, ma ormai tutto era perduto.
Erano soli, lui e il suo aggressore. Solo un lasso di tempo che - per un attimo non sembrò finire mai - bastò per dare all'uomo la sensazione di essere nel vuoto assoluto, poi continuarono a fissarsi l'un l'altro nell'oscurità che inghiottiva tutto.
Lui non avrebbe mai potuto capire chi era il suo aggressore. Era un uomo furbo, scaltro oltre ogni immaginazione, questo doveva ammetterlo. Non avrebbe mai immaginato una tale solerzia da parte di una spia qualunque. Ammesso sempre che fosse "uno qualunque", questo è certo. Sentì la tensione crescegli in corpo, mentre capì che ormai era arrivata la sua ora e che l'uomo teneva ben saldo in pugno la sua pistola che luccicò per un momento, colpita da un raggio di luce che era filtrato dalle tende di seta. Erano in un Hotel a cinque stelle extra-lusso. Un luogo molto amato dalla clientela la quale vi trascorreva più notti, ignara del traffico di soldi sporco che ci aggirava all'interno. Un po' come la mela di Biancaneve: fuori brillante e dal bell'aspetto, dentro marcia e avvelenata.
Lui sapeva che questa missione poteva essere alquanto rischiosa e che avrebbe potuto rimetterci la vita, ma chi se lo sarebbe mai immaginato che proprio uno come lui si facesse mettere nel sacco in quel modo. Girò lo sguardo, senza far notare al suo aggressore che stava cercando di appogliarsi anche al minimo spiraglio di salvezza. Se solo avesse potuto avvicinarsi, anche solo di qualche centimetro, alla finestra...
Doveva guadagnare tempo, doveva provarci in qualche modo, altrimenti la rivelazione di quei codici criptati avrebbe portato conseguenze catastrofiche. Inghiottì a vuoto e si costrinse a parlare.
«Non mi sarei mai immaginato una tale velocità di contraccolpo... Agente.»
Cercò di mantenere il suo self control ancora per un po', aspettando il momento propizio. Una goccia di sudore sorse dalla fronte attraversandogli la tempia, per poi arrivare alla gota. In qualche modo sperò che gli rispondesse, il che sarebbe un grave danno per l'avversario, perché così avrebbe rivelato la sua identità. Tuttavia non si sarebbe mai aspettato che fosse proprio...
«Ti è andata male agente JJ.»
Era una voce che non si sarebbe mai aspettato di avere contro. L'aggressore piegò le labbra in un sorriso beffardo , mentre reggeva la sua pistola con noncuranza, come un artista che brandisce il suo amato pennello in mano. «Metti giù la valigetta e io non ti torcerò un capello.»
Era una balla, questo lo sapeva. Nessuna spia, tantomeno contro-spia avrebbe risparmiato un suo avversario. Non obbedì, anzi, strinse ancor di più la valigetta in mano, scoprendosi così patetico da aspettarsi che qualcuno aprisse quella maledetta porta, tra l'altro chiusa a chiave dall'individuo. La spia abbassò il grilletto, facendone risuonate il tintinnio metallico, e stavolta ripetè con più decisione: «Metti giù la valigetta, altrimenti non ci penserò due volte a farti saltare il cervello.»
Che cosa avrebbe dovuto fare? Lasciar perdere la valigetta e fuggire da vigliacco, ammesso che ce la faccia, oppure morire da eroe? In entrambi i casi sarebbe stato a vantaggio dell'individuo.
"Cavolo JJ, ti sei ritrovato in situazioni più difficili! Pensa, pensa, pensa!" Pensò l'agente, in preda ad un'ansia latente.
In quella camera c'erano un letto a baldacchino, di cui non riuscì a distinguerne i colori delle coperte a causa dell'uscurità, un minifrigo, un comò con una lampada ad appoggio, un tavolino in legno massello con uno specchio e una poltroncina adiacente. Fece un passo indietro e posò per terra la valigetta ma non osò avvicinargliela. Se la fortuna era dalla sua parte, forse...
L'agente si avvicinò a passo guardingo, tenendo sempre la pistola ben puntata alla testa del suo succubo.
«Molto bene agente, sapevo che alla fine avresti ragionato...»
Abbassò il capo. Grande errore: mai distogliere l'attenzione dall'avversario. L'agente colse l'occasione al volo, spinse con un calcio la valigetta e prese il polso della mano dove il suo aggressore impugnava la pistola e lo girò... Ma non fu troppo veloce.
Ci fu un colpo.
Poi tutto nero.
Allora, la stiamo inventando io e Ale (chiedo di nuovo venia a Kris, non volevo copiarti l'idea xD), e lui mi sta aiutando fondamentalmente in fattore sintattico, grammaticale e strutturale, riguardo alla storia. Quindi i maggiori meriti a lui, grazie.
Detto questo, vi lascio col prologo.
S.I.C.
Spie In Codice
Spie In Codice
Prologo.
Era tutto buio in quella stanza d'albergo. Vi erano solo lui, il suo aggressore e nessun'altro. Lo aveva messo alle strette, catturato come un topo che aveva cercato di portarsi via l'amato formaggio e fosse rimasto incastrato in quella trappola per topi. Era stato scoperto in flagrante nel tentativo di mantenere informazioni segrete che dovevano rimanere ad ogni costo tali com'erano, ma ormai tutto era perduto.
Erano soli, lui e il suo aggressore. Solo un lasso di tempo che - per un attimo non sembrò finire mai - bastò per dare all'uomo la sensazione di essere nel vuoto assoluto, poi continuarono a fissarsi l'un l'altro nell'oscurità che inghiottiva tutto.
Lui non avrebbe mai potuto capire chi era il suo aggressore. Era un uomo furbo, scaltro oltre ogni immaginazione, questo doveva ammetterlo. Non avrebbe mai immaginato una tale solerzia da parte di una spia qualunque. Ammesso sempre che fosse "uno qualunque", questo è certo. Sentì la tensione crescegli in corpo, mentre capì che ormai era arrivata la sua ora e che l'uomo teneva ben saldo in pugno la sua pistola che luccicò per un momento, colpita da un raggio di luce che era filtrato dalle tende di seta. Erano in un Hotel a cinque stelle extra-lusso. Un luogo molto amato dalla clientela la quale vi trascorreva più notti, ignara del traffico di soldi sporco che ci aggirava all'interno. Un po' come la mela di Biancaneve: fuori brillante e dal bell'aspetto, dentro marcia e avvelenata.
Lui sapeva che questa missione poteva essere alquanto rischiosa e che avrebbe potuto rimetterci la vita, ma chi se lo sarebbe mai immaginato che proprio uno come lui si facesse mettere nel sacco in quel modo. Girò lo sguardo, senza far notare al suo aggressore che stava cercando di appogliarsi anche al minimo spiraglio di salvezza. Se solo avesse potuto avvicinarsi, anche solo di qualche centimetro, alla finestra...
Doveva guadagnare tempo, doveva provarci in qualche modo, altrimenti la rivelazione di quei codici criptati avrebbe portato conseguenze catastrofiche. Inghiottì a vuoto e si costrinse a parlare.
«Non mi sarei mai immaginato una tale velocità di contraccolpo... Agente.»
Cercò di mantenere il suo self control ancora per un po', aspettando il momento propizio. Una goccia di sudore sorse dalla fronte attraversandogli la tempia, per poi arrivare alla gota. In qualche modo sperò che gli rispondesse, il che sarebbe un grave danno per l'avversario, perché così avrebbe rivelato la sua identità. Tuttavia non si sarebbe mai aspettato che fosse proprio...
«Ti è andata male agente JJ.»
Era una voce che non si sarebbe mai aspettato di avere contro. L'aggressore piegò le labbra in un sorriso beffardo , mentre reggeva la sua pistola con noncuranza, come un artista che brandisce il suo amato pennello in mano. «Metti giù la valigetta e io non ti torcerò un capello.»
Era una balla, questo lo sapeva. Nessuna spia, tantomeno contro-spia avrebbe risparmiato un suo avversario. Non obbedì, anzi, strinse ancor di più la valigetta in mano, scoprendosi così patetico da aspettarsi che qualcuno aprisse quella maledetta porta, tra l'altro chiusa a chiave dall'individuo. La spia abbassò il grilletto, facendone risuonate il tintinnio metallico, e stavolta ripetè con più decisione: «Metti giù la valigetta, altrimenti non ci penserò due volte a farti saltare il cervello.»
Che cosa avrebbe dovuto fare? Lasciar perdere la valigetta e fuggire da vigliacco, ammesso che ce la faccia, oppure morire da eroe? In entrambi i casi sarebbe stato a vantaggio dell'individuo.
"Cavolo JJ, ti sei ritrovato in situazioni più difficili! Pensa, pensa, pensa!" Pensò l'agente, in preda ad un'ansia latente.
In quella camera c'erano un letto a baldacchino, di cui non riuscì a distinguerne i colori delle coperte a causa dell'uscurità, un minifrigo, un comò con una lampada ad appoggio, un tavolino in legno massello con uno specchio e una poltroncina adiacente. Fece un passo indietro e posò per terra la valigetta ma non osò avvicinargliela. Se la fortuna era dalla sua parte, forse...
L'agente si avvicinò a passo guardingo, tenendo sempre la pistola ben puntata alla testa del suo succubo.
«Molto bene agente, sapevo che alla fine avresti ragionato...»
Abbassò il capo. Grande errore: mai distogliere l'attenzione dall'avversario. L'agente colse l'occasione al volo, spinse con un calcio la valigetta e prese il polso della mano dove il suo aggressore impugnava la pistola e lo girò... Ma non fu troppo veloce.
Ci fu un colpo.
Poi tutto nero.
Ultima modifica di RORYJACKSON il Sab Gen 19, 2013 11:51 pm - modificato 1 volta.
RORYJACKSON- INVINCIBLE
- Numero di messaggi : 5072
Età : 28
Data d'iscrizione : 21.08.09
Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Addirittura ad una guerraa!! Chissà cosa svelerebbero quei codici una volta decifrati
Braaviii ad entrambiiii!!!
Braaviii ad entrambiiii!!!
KrisMichael- Greatest Entertainer of All Time
- Numero di messaggi : 15394
Età : 27
Data d'iscrizione : 07.12.11
Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Sapessi...
RORYJACKSON- INVINCIBLE
- Numero di messaggi : 5072
Età : 28
Data d'iscrizione : 21.08.09
Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Dopo un bel po' di tempo, grazie all'interminabile pazienza che ci mette quel povero martire di Ale... che mi aiuta nonostante tutti i suoi impegni, ecco a voi il terzo capitolo!!
Capitolo III
JJ, seguito da R e da Martin, uscì dall'ufficio del sovrintendente con aria stupefatta. E chi si sarebbe aspettato, che Mord, avesse tale perspicacia nel capire le intenzioni di Jonathan? Di solito era così megalomane che quasi non riusciva a contenersi.
Erano diretti all'Area G, ovvero, il posto dov'erano depositati tutti i gadget costruiti da un grande inventore. Il giovane agente s'avviò avanti, nel lungo ed ampio corridoio illuminato dai neon senza proferire parola, siccome non conosceva nessuno dei due. Camminava davanti come un giovane capo squadra. Maledì Mord in silenzio, per avergli assegnato colleghi di cui, a stento, conosceva solo il nomignolo - neanche il nome di battesimo - e soprattutto quella R, che lo metteva così maledettamente in soggezione.
L'interno dell'agenzia era pieno della tecnologia avanzata, costruita lì. Arrivati ad una porta elettronica, JJ pigiò - così come per ogni porta elettronica lì dentro - un tasto, mentre la solita voce femminile computerizzata echeggiò nuovamente salutando il ragazzo, con tono incolore, cosicché l'agente sentisse di nuovo il solito brivido che gli percorreva tutta la spina dorsale. S'aprì, rivelando lo spazio più remoto dell'agenzia, quello a cui persino per il personale poco fuori, era proibito entrarci, così come per gli agenti da pochi giorni in servizio, che non avessero completato tutto l'addestramento. Il vero dipartimento SIC.
“Benvenuto nell'Area G. Agente JJ”, e quando le due porte si dilatarono fino a scomparire nelle pareti di metallo inossidabile, rivelando un'ambiente strabiliante. Le luci soffuse dei neon bianchi e colorati facevano diffondere il bagliore metallico dappertutto.
I tre si ritrovarono sospesi su un ponte di metallo molto solido che portava dall'altra parte del grande reparto dove era situato un'ascensore, che scendeva fino a piano terra. Non c'erano sbarre di ferro, solo lastre di vetro infrangibile, che permettevano di vedere tutta l'Area G.
Arrivati a pian terreno, dopo aver utilizzato l'ascensore, i giovani agenti dovettero farsi spazio tra le cianfrusaglie, macchinari enormi e tutta l'attività che avveniva lì sotto, dove uomini e donne agenti lavoravano in divisa diversa: pantalone nero e camice bianco.
C'erano macchinari persino appesi al soffitto che agivano quasi autonomamente, dopodiché fili di ferro, cavi di qualsiasi dimensione e lunghezza, erano dappertutto.
L'ambiente sembrava alquanto esoterico.
Camminarono fino ad una porticina stretta ed alta in metallo, scorrevole, e quando JJ l'aprì per poco non veniva preso in pieno da una scarica elettrica.
«Agente JJ, che sorpresa!» Disse l'uomo togliendosi gli occhialoni - o per meglio dire: fondi di bicchiere - scuri e rindossando i suoi da vista i quali li teneva nella tasca del camice, con una pistola a canna quadrata laccata in nero. JJ era lì fermo, sulla soglia della porta a bocca aperta. Aveva visto la morte in faccia, per una cazzata!
L'uomo s'avvicino di qualche passo ai giovani agenti con un ampio sorriso. Era un uomo anzianotto, un po' curvo di spalle, con folti baffi grigi, con una forza di volontà impressionante. Il camice bianco lo fa assomigliare ad Einstein, se non fosse per la chioma riccioluta. Mostrò trionfante l'aggeggio che aveva in mano, che da lontano dava l'impressione di sembrare una - normale - pistola, a canna quadrata, laccata in nero.
«Ti presento il nuovo modello di Judgment!» Esclamò agitando l'affare.
JJ era ancora impalato sulla soglia della porta, e la bocca non voleva sentirne di chiudersi, cosicché l'agente dovette dargli una pacca, non poco forte, sulla spalla, facendolo sobbalzare.
«Buon giorno agente Archimedus!» Disse R, titubante, fissando il compagno di squadra con fare preoccupato. Chi non sarebbe scioccato dopo essersi scansato per un soffio una scarica elettrica, tanto grande da sembrare un fulmine?
JJ, ritornato nel mondo reale grazie a R, permise a tutti di entrare nello studio di Archimedus avanzandovi di qualche passo. Lo spazio riservato a lui soltanto era una stanza, forse persino più grande di quella poco prima, le pareti erano rivestite di una lastra inventata dallo stesso Archimedus di materiale in metallo-gomma-specchio, ignifugo, anti-liquefazione e anti-nucleare. Praticamente indistruttibile, e una prova inconfutabile della sua restitenza era la scarica elettrica di poco prima, che aveva quasi ammazzato JJ. Il ragazzo rabbrividì un attimo, al pensiero, ma cercò di mostrarsi il più pacato e tranquillo possibile. Per quanto riguarda gli attrezzi che vi erano all'interno, dov'era deposto anche una grande scrivania bianca dello stesso materiale delle pareti, erano tutti ammassati in un angolo dell'area, alcuni incompleti, altri in fase di sperimentazione, e anche lì c'erano cavi e prese dappertutto, e macchinari chi più chi meno complessi, ma diversamente dall'Area G, quello spazio era veramente molto illuminato, dai neon bianchi.
«E dimmi...» Disse JJ, scrutando l'aggeggio nero vagamente somigliante ad una pistola. «Come l'avresti chiamata?»
«Final Judgment!»
“Wow... Che inventività!” Pensò il ragazzo. Di certo Archimedus non era solo riconosciuto per la sua grande capacità di inventare gadget funzionali ed efficienti, ma soprattutto per la non molta fantasia cui possedeva.
«Vuoi testarla?» Chiese Archimedus all'agente porgendogli l'affare e quando JJ la prese quasi non la fece cadere da mano. Non s'aspettava che fosse così pesante. Da vicino era ancora più strana, per niente somigliante ad una normale pistola. La canna era a forma quadrata, il foro enorme, sembrava un altoparlante, solo che il foro serviva per sparare scariche elettriche, non a emettere annunci o cose così. Al fianco c'era una levetta microscopica azionata a metà tra Slow e Fast, e il giovane capì che la fortissima scarica elettrica di prima, era solo a metà potenza.
L' agente puntò su una parete dell'area alzando Final Judgment con una mano, senza timore e con una disinvoltura impressionante. Pressò il grilletto e partì una fortissima scarica elettrica che colpì violentemente il muro metallico, emettendo il solito stridore di cavi spezzati. Un arma letale, come si suol dire, incenerirebbe qualsiasi essere in meno di un batter d'occhio.
«Stavo appunto finendo di testarla.» Disse il vecchio Archimedus pulendosi gli occhiali con un fazzoletto di stoffa. «La vecchia Judgment era una bazzeccola in confronto a questa portentosa pistola. Da sola, se azionata al massimo, sarebbe in grado di riprodurre - o quasi - un fulmine!»
«Bando alle ciance Archimedus.» Disse JJ, disinvolto. «Dobbiamo parlare della missione che ci hanno assegnato.»
Il vecchio si fermò un attimo, quasi interdetto da tali parole, e insicuro se dire o no a tutti loro la verità dei fatti. Ovviamente quel megalomane di Mord lasciava al povero Archimedus, cui avrebbe dovuto avere soltanto il compito di inventare gadget, il dovere di spiegare agli agenti le varie missioni, dopodiché avrebbe consigliato loro quali attrezzi portarsi. Si pulì nuovamente gli occhiali, senza accorgersi che l'aveva già fatto qualche secondo prima.
«Ebbene cari ragazzi.» Incominciò Archimedus sospirando, si voltò e s'avviò all'angolo dov'erano ammucchiati i vari aggeggi, e invitò loro a seguirlo. «Venite.»
L'uomo, dopo essere stato al bar per una buona colazione abbondante e dopo essersene andato nel grande e raffinato ascensore, arrivò nella sua Suite e si sedette nel suo spazio personale, dove nessuno avrebbe potuto disturbarlo. Una Suite non di un qualunque albergo, bensì dell'Hotel Vesuvio, cinque stelle, una delle più grandi aziende ricettive di Napoli, nei pressi di Mergellina. Un palazzo in stile moderno, con la balconata a vista mare, una meta di tantissimi turisti, VIP e persone raffinate che amano il lusso senza badare a spese.
Soggiornava in quell'albergo spesso, quando doveva incontrare persone - imprenditori come lui - o anche per passare qualche giorno a riposo. Il servizio era impeccabile, come lo si poteva aspettare da un Hotel di quella prestigiosità. Trovò il letto matrimoniale rifatto in modo impeccabile, e il pigiama perfettamente piegato e riposto al lato sinistro.
L'uomo decise d'aspettare la chiamata dal suo uomo, troppo preso dall'ozio del momento per potersi scomodare e chiamare. Quindi si sedette sul letto, ed aspettò.
Poi partì.
Partì la solita scossa elettrica che lo attanagliava ogni anno. Succedeva sempre da quella sera. Dopo 365 giorni, allo stesso giorno, stessa ora. Non proprio in verità, ovvero, lì in italia il fuso orario era diverso, ma se fosse stato in quel nel luogo d'origine sarebbe accaduto all'ora che successe l'irreparabile. La scossa elettrica lo fece cadere per il troppo dolore, attanagliandolo, facendolo emettere rantoli pietosi. Non poteva perdonarlo, una simile mancanza di rispetto nei suoi confronti. Era un disturbo celebrale di cui neanche i migliori medici del mondo ne hanno saputo identificare la fonte. Del resto come potevano, se quel dolore era il prodotto di un'esperimento mal riuscito, a causa di uno stupido arnese? Il dolore ai nervi celebrali diventava insopportabile, sempre di più, e si sentì mancare. Improvvisamente avvertì due mani, che cercarono di sostenerlo, e di posarlo sul letto. Una donna delle pulizie, che casualmente passò per di lì e sentì i mugolii di dolore, che pian piano divennero gridi, decise di aiutarlo.
«Me-me... La pagherai...» Ansimò lui in preda agli spasmi, il sudore sgorgava dalla fronte, attraversandogli il viso. Stava delirando? Lei non poteva saperlo. La donna, sempre più preoccupata, tentò di prendere il telefono per chiamare l'ambulanza, ma lui le prese la mano, per bloccarla. Sapeva che sarebbe finita al più presto. Lei lo guardò esterrefatta, i capelli, che solitamente erano raccolti in uno chignon grazioso e ordinato, ora erano un grovigio di capelli penzolanti, raccolti in malo modo da una retina.
Sentendo i gridi provenire da quella stanza, anche le persone che erano nelle vicinanze si affacciarono per vedere, curiosi, ma la donna delle pulizie chiuse la porta dicendo gentilmente loro di spostarsi, che non c'era niente da vedere. Dopo aver girato il chiavistello si rigirò verso l'uomo, che in quel momento sembrava più calmo. Tirò un sospiro di sollievo e fece per andarsene, quando lo sentì nuovamente parlare da solo. Stava davvero parlando da solo? Tuttavia disse di nuovo una frase, con il disprezzo più totale che un uomo possa percepire per qualcuno, o qualcosa. «Me la pagherai Mord.»
Aveva un conto in sospeso, lui.
Poi tutto finì, e sprofondò in un sonno profondo.
Archimedus, non si sedette, ma si appoggiò alla scrivania, piena di fogli contenenti schemi, equazioni, e progetti di nuove armi, con entrambe le mani, quasi come se volesse mostrarli, oppure al contrario, coprire loro la visuale. Si posizionò di fronte a loro, con sguardo fermo senza lasciar trasparire nessun segno di sofferenza ne rammarico. I giovani agenti erano ancor più curiosi di sapere la verità. JJ, nella sua solita postura eretta, si portò le mani in tasca, R portò una mano al suo fianco, e Martin, dietro di loro, incrociò le braccia. Vedendo la titubanza del loro superiore, JJ, con non poca forza, poso una mano su quei fogli, ma fu Martin a parlare.
«Avanti, agente.» Disse, senza scomporsi. «Non abbiamo più tempo da perdere.»
I colleghi lo guardarono sgranando gli occhi, ed anche il vecchio Archimedus si meravigliò. Tossì un po', poi si voltò leggermente.
«Hai ragione ragazzo, avete già perso troppo tempo.» Disse lui, ed emise un sospiro. Poi, come quasi tutti gli anziani fanno, cominciò a raccontare una storia.
«Immagino che quel megalomane di Mord vi abbia mostrato questa, vero?» Chiese, e con tre battiti di mani, forti e secchi, arrivò dall'alto uno schermo gigante attaccato ad una trave di ferro, nascosta ad un lato della grande sala. L'immagine che vi fu, era di nuovo di quell'uomo giovane, sorridente e affabile, visto poco fa nel grande ufficio.
I tre annuirono.
«E come ben sapete - o spero che Mord vi abbia accennato - che quest'uomo era un grande agente, riconosciuto da tutti con il pseudomino V. Era davvero un buon acquisto per la nostra agenzia. Era un uomo astuto, agile, veloce, professionale. Ma ancora un brav'uomo. Ricordo, se la mia memoria da vecchio non m'inganna, che riuscì a portare a termine una missione quasi impossibile, per i normali agenti del suo rango. Il tuo rango, agente JJ. Era un Senior, come te.» Disse lui, puntandogli il dito, e JJ, dopo averlo guardato sbalordito, puntò nuovamente l'attenzione sulla foto.
«Tuttavia, un giorno decise di andarsene. Non ce la faceva più a vivere "due vite" completamente diverse. Sentiva il bisogno di ritrovare se stesso, e sapeva benissimo che una volta uscito di qui, non poteva più metterci piede. Ma V decise di andarci lo stesso. Fece la richiesta di attuare il processo RM su di lui, in modo che potesse perdere i ricordi sul suo passato da agente segreto. E così fu. V venne trasferito nella sala RM, e fu lì che successe quello che non doveva succedere.» Si fermò di botto, quasi come se avesse visto una scena agghiacciante proprio di fronte agli occhi. Tutti e tre lo fissarono in un misto di curiosità, perplessità e stupore. Si chiedero cosa fosse mai successo di così irreparabile a quell'uomo, per ottenere una tale reazione dall'agente Archimedus. Il vecchio cercò di scacciare quel ricordo dalla mente scuotendo il capo, dopodiché continuò la sua storia.
«Qualcosa andò storto. Io allora ero ancora giovane, ma avevo già messo a punto il nuovo RimotionMemories, più veloce e meno ingombrante del vecchio, era solo un prototipo, doveva essere collaudato, doveva subire ancora alcune modifiche. Ma, senza che me ne accorgessi, il macchinario venne messo in funzione. E sopra vi fu portato proprio l'agente V, che subì danni celebrali irreparabili. Inizialmente non risciva a parlare, il suo corpo era percosso da spasmi continui, e non ci fu più niente da fare. La memoria era andata, o almeno... quasi.
Man mano, V, riacquistò il patrimonio di memoria perduto, e lo rielaborò a modo suo. Quest'uomo, è diventato il capo imprenditore di un'azienda di reti telefoniche molto importante in Italia: la Telecom.» Disse lui e con un medesimo schiocco di dita, l'immagine sullo schermo cambiò. L'uomo nella foto era diverso, i capelli scuri sempre portati in modo impeccabile all'indietro, raccolti in un codino, il sorriso sghembo e freddo. Di certo, molto diverso dal giovane della foto di prima. Aveva una cicatrice al lato destro della fronte, vicino alla tempia. Lo sguardo era agghiacciante.
«In pratica: un pazzo.» Tagliò corto JJ, aggrottando la fronte, ma non si poteva non notare una nota di sarcasmo nella sua voce. L'inventore lo guardò per qualche secondo di silenzio, con aria interdetta, poi parlo: «Beh, non è proprio così, ma ci sei vicino.»
Capitolo III
Il vecchio agente
JJ, seguito da R e da Martin, uscì dall'ufficio del sovrintendente con aria stupefatta. E chi si sarebbe aspettato, che Mord, avesse tale perspicacia nel capire le intenzioni di Jonathan? Di solito era così megalomane che quasi non riusciva a contenersi.
Erano diretti all'Area G, ovvero, il posto dov'erano depositati tutti i gadget costruiti da un grande inventore. Il giovane agente s'avviò avanti, nel lungo ed ampio corridoio illuminato dai neon senza proferire parola, siccome non conosceva nessuno dei due. Camminava davanti come un giovane capo squadra. Maledì Mord in silenzio, per avergli assegnato colleghi di cui, a stento, conosceva solo il nomignolo - neanche il nome di battesimo - e soprattutto quella R, che lo metteva così maledettamente in soggezione.
L'interno dell'agenzia era pieno della tecnologia avanzata, costruita lì. Arrivati ad una porta elettronica, JJ pigiò - così come per ogni porta elettronica lì dentro - un tasto, mentre la solita voce femminile computerizzata echeggiò nuovamente salutando il ragazzo, con tono incolore, cosicché l'agente sentisse di nuovo il solito brivido che gli percorreva tutta la spina dorsale. S'aprì, rivelando lo spazio più remoto dell'agenzia, quello a cui persino per il personale poco fuori, era proibito entrarci, così come per gli agenti da pochi giorni in servizio, che non avessero completato tutto l'addestramento. Il vero dipartimento SIC.
“Benvenuto nell'Area G. Agente JJ”, e quando le due porte si dilatarono fino a scomparire nelle pareti di metallo inossidabile, rivelando un'ambiente strabiliante. Le luci soffuse dei neon bianchi e colorati facevano diffondere il bagliore metallico dappertutto.
I tre si ritrovarono sospesi su un ponte di metallo molto solido che portava dall'altra parte del grande reparto dove era situato un'ascensore, che scendeva fino a piano terra. Non c'erano sbarre di ferro, solo lastre di vetro infrangibile, che permettevano di vedere tutta l'Area G.
Arrivati a pian terreno, dopo aver utilizzato l'ascensore, i giovani agenti dovettero farsi spazio tra le cianfrusaglie, macchinari enormi e tutta l'attività che avveniva lì sotto, dove uomini e donne agenti lavoravano in divisa diversa: pantalone nero e camice bianco.
C'erano macchinari persino appesi al soffitto che agivano quasi autonomamente, dopodiché fili di ferro, cavi di qualsiasi dimensione e lunghezza, erano dappertutto.
L'ambiente sembrava alquanto esoterico.
Camminarono fino ad una porticina stretta ed alta in metallo, scorrevole, e quando JJ l'aprì per poco non veniva preso in pieno da una scarica elettrica.
«Agente JJ, che sorpresa!» Disse l'uomo togliendosi gli occhialoni - o per meglio dire: fondi di bicchiere - scuri e rindossando i suoi da vista i quali li teneva nella tasca del camice, con una pistola a canna quadrata laccata in nero. JJ era lì fermo, sulla soglia della porta a bocca aperta. Aveva visto la morte in faccia, per una cazzata!
L'uomo s'avvicino di qualche passo ai giovani agenti con un ampio sorriso. Era un uomo anzianotto, un po' curvo di spalle, con folti baffi grigi, con una forza di volontà impressionante. Il camice bianco lo fa assomigliare ad Einstein, se non fosse per la chioma riccioluta. Mostrò trionfante l'aggeggio che aveva in mano, che da lontano dava l'impressione di sembrare una - normale - pistola, a canna quadrata, laccata in nero.
«Ti presento il nuovo modello di Judgment!» Esclamò agitando l'affare.
JJ era ancora impalato sulla soglia della porta, e la bocca non voleva sentirne di chiudersi, cosicché l'agente dovette dargli una pacca, non poco forte, sulla spalla, facendolo sobbalzare.
«Buon giorno agente Archimedus!» Disse R, titubante, fissando il compagno di squadra con fare preoccupato. Chi non sarebbe scioccato dopo essersi scansato per un soffio una scarica elettrica, tanto grande da sembrare un fulmine?
JJ, ritornato nel mondo reale grazie a R, permise a tutti di entrare nello studio di Archimedus avanzandovi di qualche passo. Lo spazio riservato a lui soltanto era una stanza, forse persino più grande di quella poco prima, le pareti erano rivestite di una lastra inventata dallo stesso Archimedus di materiale in metallo-gomma-specchio, ignifugo, anti-liquefazione e anti-nucleare. Praticamente indistruttibile, e una prova inconfutabile della sua restitenza era la scarica elettrica di poco prima, che aveva quasi ammazzato JJ. Il ragazzo rabbrividì un attimo, al pensiero, ma cercò di mostrarsi il più pacato e tranquillo possibile. Per quanto riguarda gli attrezzi che vi erano all'interno, dov'era deposto anche una grande scrivania bianca dello stesso materiale delle pareti, erano tutti ammassati in un angolo dell'area, alcuni incompleti, altri in fase di sperimentazione, e anche lì c'erano cavi e prese dappertutto, e macchinari chi più chi meno complessi, ma diversamente dall'Area G, quello spazio era veramente molto illuminato, dai neon bianchi.
«E dimmi...» Disse JJ, scrutando l'aggeggio nero vagamente somigliante ad una pistola. «Come l'avresti chiamata?»
«Final Judgment!»
“Wow... Che inventività!” Pensò il ragazzo. Di certo Archimedus non era solo riconosciuto per la sua grande capacità di inventare gadget funzionali ed efficienti, ma soprattutto per la non molta fantasia cui possedeva.
«Vuoi testarla?» Chiese Archimedus all'agente porgendogli l'affare e quando JJ la prese quasi non la fece cadere da mano. Non s'aspettava che fosse così pesante. Da vicino era ancora più strana, per niente somigliante ad una normale pistola. La canna era a forma quadrata, il foro enorme, sembrava un altoparlante, solo che il foro serviva per sparare scariche elettriche, non a emettere annunci o cose così. Al fianco c'era una levetta microscopica azionata a metà tra Slow e Fast, e il giovane capì che la fortissima scarica elettrica di prima, era solo a metà potenza.
L' agente puntò su una parete dell'area alzando Final Judgment con una mano, senza timore e con una disinvoltura impressionante. Pressò il grilletto e partì una fortissima scarica elettrica che colpì violentemente il muro metallico, emettendo il solito stridore di cavi spezzati. Un arma letale, come si suol dire, incenerirebbe qualsiasi essere in meno di un batter d'occhio.
«Stavo appunto finendo di testarla.» Disse il vecchio Archimedus pulendosi gli occhiali con un fazzoletto di stoffa. «La vecchia Judgment era una bazzeccola in confronto a questa portentosa pistola. Da sola, se azionata al massimo, sarebbe in grado di riprodurre - o quasi - un fulmine!»
«Bando alle ciance Archimedus.» Disse JJ, disinvolto. «Dobbiamo parlare della missione che ci hanno assegnato.»
Il vecchio si fermò un attimo, quasi interdetto da tali parole, e insicuro se dire o no a tutti loro la verità dei fatti. Ovviamente quel megalomane di Mord lasciava al povero Archimedus, cui avrebbe dovuto avere soltanto il compito di inventare gadget, il dovere di spiegare agli agenti le varie missioni, dopodiché avrebbe consigliato loro quali attrezzi portarsi. Si pulì nuovamente gli occhiali, senza accorgersi che l'aveva già fatto qualche secondo prima.
«Ebbene cari ragazzi.» Incominciò Archimedus sospirando, si voltò e s'avviò all'angolo dov'erano ammucchiati i vari aggeggi, e invitò loro a seguirlo. «Venite.»
L'uomo, dopo essere stato al bar per una buona colazione abbondante e dopo essersene andato nel grande e raffinato ascensore, arrivò nella sua Suite e si sedette nel suo spazio personale, dove nessuno avrebbe potuto disturbarlo. Una Suite non di un qualunque albergo, bensì dell'Hotel Vesuvio, cinque stelle, una delle più grandi aziende ricettive di Napoli, nei pressi di Mergellina. Un palazzo in stile moderno, con la balconata a vista mare, una meta di tantissimi turisti, VIP e persone raffinate che amano il lusso senza badare a spese.
Soggiornava in quell'albergo spesso, quando doveva incontrare persone - imprenditori come lui - o anche per passare qualche giorno a riposo. Il servizio era impeccabile, come lo si poteva aspettare da un Hotel di quella prestigiosità. Trovò il letto matrimoniale rifatto in modo impeccabile, e il pigiama perfettamente piegato e riposto al lato sinistro.
L'uomo decise d'aspettare la chiamata dal suo uomo, troppo preso dall'ozio del momento per potersi scomodare e chiamare. Quindi si sedette sul letto, ed aspettò.
Poi partì.
Partì la solita scossa elettrica che lo attanagliava ogni anno. Succedeva sempre da quella sera. Dopo 365 giorni, allo stesso giorno, stessa ora. Non proprio in verità, ovvero, lì in italia il fuso orario era diverso, ma se fosse stato in quel nel luogo d'origine sarebbe accaduto all'ora che successe l'irreparabile. La scossa elettrica lo fece cadere per il troppo dolore, attanagliandolo, facendolo emettere rantoli pietosi. Non poteva perdonarlo, una simile mancanza di rispetto nei suoi confronti. Era un disturbo celebrale di cui neanche i migliori medici del mondo ne hanno saputo identificare la fonte. Del resto come potevano, se quel dolore era il prodotto di un'esperimento mal riuscito, a causa di uno stupido arnese? Il dolore ai nervi celebrali diventava insopportabile, sempre di più, e si sentì mancare. Improvvisamente avvertì due mani, che cercarono di sostenerlo, e di posarlo sul letto. Una donna delle pulizie, che casualmente passò per di lì e sentì i mugolii di dolore, che pian piano divennero gridi, decise di aiutarlo.
«Me-me... La pagherai...» Ansimò lui in preda agli spasmi, il sudore sgorgava dalla fronte, attraversandogli il viso. Stava delirando? Lei non poteva saperlo. La donna, sempre più preoccupata, tentò di prendere il telefono per chiamare l'ambulanza, ma lui le prese la mano, per bloccarla. Sapeva che sarebbe finita al più presto. Lei lo guardò esterrefatta, i capelli, che solitamente erano raccolti in uno chignon grazioso e ordinato, ora erano un grovigio di capelli penzolanti, raccolti in malo modo da una retina.
Sentendo i gridi provenire da quella stanza, anche le persone che erano nelle vicinanze si affacciarono per vedere, curiosi, ma la donna delle pulizie chiuse la porta dicendo gentilmente loro di spostarsi, che non c'era niente da vedere. Dopo aver girato il chiavistello si rigirò verso l'uomo, che in quel momento sembrava più calmo. Tirò un sospiro di sollievo e fece per andarsene, quando lo sentì nuovamente parlare da solo. Stava davvero parlando da solo? Tuttavia disse di nuovo una frase, con il disprezzo più totale che un uomo possa percepire per qualcuno, o qualcosa. «Me la pagherai Mord.»
Aveva un conto in sospeso, lui.
Poi tutto finì, e sprofondò in un sonno profondo.
Archimedus, non si sedette, ma si appoggiò alla scrivania, piena di fogli contenenti schemi, equazioni, e progetti di nuove armi, con entrambe le mani, quasi come se volesse mostrarli, oppure al contrario, coprire loro la visuale. Si posizionò di fronte a loro, con sguardo fermo senza lasciar trasparire nessun segno di sofferenza ne rammarico. I giovani agenti erano ancor più curiosi di sapere la verità. JJ, nella sua solita postura eretta, si portò le mani in tasca, R portò una mano al suo fianco, e Martin, dietro di loro, incrociò le braccia. Vedendo la titubanza del loro superiore, JJ, con non poca forza, poso una mano su quei fogli, ma fu Martin a parlare.
«Avanti, agente.» Disse, senza scomporsi. «Non abbiamo più tempo da perdere.»
I colleghi lo guardarono sgranando gli occhi, ed anche il vecchio Archimedus si meravigliò. Tossì un po', poi si voltò leggermente.
«Hai ragione ragazzo, avete già perso troppo tempo.» Disse lui, ed emise un sospiro. Poi, come quasi tutti gli anziani fanno, cominciò a raccontare una storia.
«Immagino che quel megalomane di Mord vi abbia mostrato questa, vero?» Chiese, e con tre battiti di mani, forti e secchi, arrivò dall'alto uno schermo gigante attaccato ad una trave di ferro, nascosta ad un lato della grande sala. L'immagine che vi fu, era di nuovo di quell'uomo giovane, sorridente e affabile, visto poco fa nel grande ufficio.
I tre annuirono.
«E come ben sapete - o spero che Mord vi abbia accennato - che quest'uomo era un grande agente, riconosciuto da tutti con il pseudomino V. Era davvero un buon acquisto per la nostra agenzia. Era un uomo astuto, agile, veloce, professionale. Ma ancora un brav'uomo. Ricordo, se la mia memoria da vecchio non m'inganna, che riuscì a portare a termine una missione quasi impossibile, per i normali agenti del suo rango. Il tuo rango, agente JJ. Era un Senior, come te.» Disse lui, puntandogli il dito, e JJ, dopo averlo guardato sbalordito, puntò nuovamente l'attenzione sulla foto.
«Tuttavia, un giorno decise di andarsene. Non ce la faceva più a vivere "due vite" completamente diverse. Sentiva il bisogno di ritrovare se stesso, e sapeva benissimo che una volta uscito di qui, non poteva più metterci piede. Ma V decise di andarci lo stesso. Fece la richiesta di attuare il processo RM su di lui, in modo che potesse perdere i ricordi sul suo passato da agente segreto. E così fu. V venne trasferito nella sala RM, e fu lì che successe quello che non doveva succedere.» Si fermò di botto, quasi come se avesse visto una scena agghiacciante proprio di fronte agli occhi. Tutti e tre lo fissarono in un misto di curiosità, perplessità e stupore. Si chiedero cosa fosse mai successo di così irreparabile a quell'uomo, per ottenere una tale reazione dall'agente Archimedus. Il vecchio cercò di scacciare quel ricordo dalla mente scuotendo il capo, dopodiché continuò la sua storia.
«Qualcosa andò storto. Io allora ero ancora giovane, ma avevo già messo a punto il nuovo RimotionMemories, più veloce e meno ingombrante del vecchio, era solo un prototipo, doveva essere collaudato, doveva subire ancora alcune modifiche. Ma, senza che me ne accorgessi, il macchinario venne messo in funzione. E sopra vi fu portato proprio l'agente V, che subì danni celebrali irreparabili. Inizialmente non risciva a parlare, il suo corpo era percosso da spasmi continui, e non ci fu più niente da fare. La memoria era andata, o almeno... quasi.
Man mano, V, riacquistò il patrimonio di memoria perduto, e lo rielaborò a modo suo. Quest'uomo, è diventato il capo imprenditore di un'azienda di reti telefoniche molto importante in Italia: la Telecom.» Disse lui e con un medesimo schiocco di dita, l'immagine sullo schermo cambiò. L'uomo nella foto era diverso, i capelli scuri sempre portati in modo impeccabile all'indietro, raccolti in un codino, il sorriso sghembo e freddo. Di certo, molto diverso dal giovane della foto di prima. Aveva una cicatrice al lato destro della fronte, vicino alla tempia. Lo sguardo era agghiacciante.
«In pratica: un pazzo.» Tagliò corto JJ, aggrottando la fronte, ma non si poteva non notare una nota di sarcasmo nella sua voce. L'inventore lo guardò per qualche secondo di silenzio, con aria interdetta, poi parlo: «Beh, non è proprio così, ma ci sei vicino.»
Ultima modifica di RORYJACKSON il Mer Mar 13, 2013 1:21 am - modificato 1 volta.
RORYJACKSON- INVINCIBLE
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Bello, ottimo capitolo
E fare il correttore ha i suoi vantaggi, per esempio posso commentare per primo dato che ho già letto tutto
E fare il correttore ha i suoi vantaggi, per esempio posso commentare per primo dato che ho già letto tutto
2 Bad- Greatest Entertainer of All Time
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Soltanto che, alla fine, siete sempre soltanto tu e Kris che commentate.
RORYJACKSON- INVINCIBLE
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Eh vabbè, siamo i tuoi lettori di fiducia
2 Bad- Greatest Entertainer of All Time
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Leggetela
RORYJACKSON- INVINCIBLE
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
RORYJACKSON ha scritto:Leggetela
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Questa storia è forever alone D:
RORYJACKSON- INVINCIBLE
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
L'ho appena finita di leggere!!
KrisMichael- Greatest Entertainer of All Time
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
KRIS♥MICHAEL ha scritto:L'ho appena finita di leggere!!
YEEEE! Che ne pensi?
2 Bad- Greatest Entertainer of All Time
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
La storia mi sta coinvolgendo piano piano sempre di più e trovo che ci siano molte descrizioni dettagliate e questo tanto di cappello ad entrambi!!
Non è affatto facile scrivere storie del genere, ma voi ci state riuscendo
Non è affatto facile scrivere storie del genere, ma voi ci state riuscendo
KrisMichael- Greatest Entertainer of All Time
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
KRIS♥MICHAEL ha scritto:La storia mi sta coinvolgendo piano piano sempre di più e trovo che ci siano molte descrizioni dettagliate e questo tanto di cappello ad entrambi!!
Non è affatto facile scrivere storie del genere, ma voi ci state riuscendo
Sì, Rory ci sta riuscendo
2 Bad- Greatest Entertainer of All Time
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Ma ti prego Ale. <_<2 Bad ha scritto:KRIS♥MICHAEL ha scritto:La storia mi sta coinvolgendo piano piano sempre di più e trovo che ci siano molte descrizioni dettagliate e questo tanto di cappello ad entrambi!!
Non è affatto facile scrivere storie del genere, ma voi ci state riuscendo
Sì, Rory ci sta riuscendo
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
RORYJACKSON ha scritto:Ma ti prego Ale. <_<2 Bad ha scritto:KRIS♥MICHAEL ha scritto:La storia mi sta coinvolgendo piano piano sempre di più e trovo che ci siano molte descrizioni dettagliate e questo tanto di cappello ad entrambi!!
Non è affatto facile scrivere storie del genere, ma voi ci state riuscendo
Sì, Rory ci sta riuscendo
E' la verità Rory u.u
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
Se non fosse per te questa storia non sarebbe niente. u.u2 Bad ha scritto:RORYJACKSON ha scritto:Ma ti prego Ale. <_<2 Bad ha scritto:KRIS♥MICHAEL ha scritto:La storia mi sta coinvolgendo piano piano sempre di più e trovo che ci siano molte descrizioni dettagliate e questo tanto di cappello ad entrambi!!
Non è affatto facile scrivere storie del genere, ma voi ci state riuscendo
Sì, Rory ci sta riuscendo
E' la verità Rory u.u
RORYJACKSON- INVINCIBLE
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Re: S.I.C. (Romanzo a quattro mani.)
RORYJACKSON ha scritto:Se non fosse per te questa storia non sarebbe niente. u.u2 Bad ha scritto:RORYJACKSON ha scritto:Ma ti prego Ale. <_<2 Bad ha scritto:KRIS♥MICHAEL ha scritto:La storia mi sta coinvolgendo piano piano sempre di più e trovo che ci siano molte descrizioni dettagliate e questo tanto di cappello ad entrambi!!
Non è affatto facile scrivere storie del genere, ma voi ci state riuscendo
Sì, Rory ci sta riuscendo
E' la verità Rory u.u
Addirittura
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